La famiglia Savoia ha consegnato l’Italia all’orrore fascista, un fatto storico che ha portato al conseguente esilio dell’ex casa reale. Con la morte di Vittorio Emanuele, figlio dell’allora Re Umberto II, si è chiusa una delle fasi più nere e drammatiche della storia del nostro Paese. Emanuele Filiberto di Savoia, figlio di Vittorio Emanuele, ne ha parlato in un’intervista al Corriere della Sera.
«Mi sento il nuovo capofamiglia prima di tutto, e alla guida di un Casato che quando nonno Umberto II morì era ridotto a 30 cavalieri dei nostri ordini dinastici. Poi papà è riuscito a portare i cavalieri a oltre tremila, e a ridare vigore all’attività degli Ordini dinastici».
«Questa è la prima responsabilità ed eredità che mi lascia: di guidare i nostri Ordini che hanno decine di delegazioni in Italia, 17 delegazioni estere e sono attivi con progetti umanitari in tutto il mondo. Ma adesso c’è il funerale da preparare».
Le esequie del figlio dell’ultimo Re d’Italia si terranno a Torino e la tumulazione avverrà a Superga. «Papà ha sempre voluto che fosse così, la sua fine, lo ripeteva ed esaudirò questo suo ultimo desiderio. Anche se non è facile, alla messa attendiamo tanta gente, si potrà accedere solo su invito. Motivo per il quale il rito non sarà a Superga dove poi la famiglia stretta porterà la salma per il commiato finale, ma in Duomo a Torino. La camera ardente alla Venaria Reale, da venerdì nella cappella di Sant’Uberto per dar modo a quanti vogliono salutare papà Vittorio Emanuele di farlo».
«Eravamo tutti in montagna nella nostra casa di Gstaad e poi una brutta infezione alla gamba di papà ha richiesto l’ospedalizzazione dove gli antibiotici hanno avuto effetto sull’infezione ma hanno indebolito il suo fisico, il suo cuore e gli organi vitali di un uomo di 87 anni. Sto ricevendo messaggi da tutto il mondo, dai reali di Spagna a quelli del Belgio, di Monaco, anche dall’Iran, dalla famiglia dello Scià di Persia, come da gente comune perché papà era sempre lo stesso, generoso, alla mano con i nobili vicini ai Savoia come con la gente comune».