Un femminicidio atroce che è stato a lungo pianificato con crudeltà e addirittura è stato preceduto da un tentativo di avvelenamento.
Alessandro Impagnatiello stava tentando di avvelenare Giulia Tramontano con del topicida da mesi, almeno da dicembre.
E’ quanto risulta dalla consulenza autoptica che, depositata mercoledì 30 agosto alla Procura di Milano, ha rivelato la presenza del veleno per topi sia nel feto che nel sangue della donna, con un “incremento” della somministrazione “nell’ultimo mese e mezzo”. Dall’autopsia emerge anche che la 29enne, morta dissanguata, era ancora viva dopo le prime coltellate. Giulia Tramontano, compagna di Impagnatiello, era incinta di sette mesi quando è stata uccisa il 27 maggio con 37 coltellate. Il suo corpo è stato ritrovato dopo quattro giorni gettato vicino a dei box a Senago (Milano).
Le ricerche sul veleno per uccidere Giulia Tramontano
“Quanto veleno per topi è necessario per uccidere una persona”. E’ il testo di una ricerca online effettuata a gennaio da Alessandro Impagnatiello. Questa e altre ricerche sono contenute in un’informativa dei carabinieri che hanno condotto le indagini coordinate dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo.
Lei a un’amica: “Mi sento una pezza, troppo bruciore di stomaco”
La relazione autoptica ha confermato la presenza del topicida, il “bromadiolone”, nel feto e nel sangue della donna. Già a dicembre, stando all’informativa degli investigatori, Impagnatiello cercava online il motivo per cui il veleno non stesse facendo effetto, quanto tempo ci voleva perché agisse, salvo scoprire, poi, che perdeva potenza se somministrato con “bevande calde”. E la giovane scriveva, sempre a dicembre, in alcune chat con un’amica: “Mi sento una pezza, ho troppo bruciore di stomaco (…) lo stomaco mi uccide (…) mi sento drogata”.