Gli ospedali di Napoli e Palermo sono al collasso: file di auto e ambulanze davanti ai pronto soccorso
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Gli ospedali di Napoli e Palermo sono al collasso: file di auto e ambulanze davanti ai pronto soccorso

Aumenta la pressione sui nosocomi: le persone in attesa hanno un tampone positivo o presentano problemi di desaturazione. L'allarme dei chirurghi: "Non riusciamo a curare tutti"

Gli ospedali di Napoli e Palermo sono al collasso: file di auto e ambulanze davanti ai pronto soccorso
Ambulanze in coda a Napoli e Palermo
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7 Gennaio 2022 - 09.26


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In alcuni ospedali d’Italia si sta respirando la stessa brutta aria che si respirava soltanot un anno fa, con file di auto e ambulanze che si accumulavano davanti ai pronto soccorso senza poter essere presi in cura per ore. Il personale sanitario, decimato anch’esso da Omicron, si trova di nuovo di fronte ad una situazione che sta per diventare ingestibile.

Ambulanze e auto in fila anche per diverse ore all’esterno del pronto soccorso infettivologico dell’ospedale Cotugno di Napoli e al Cervello e al Civico di Palermo. Aumenta la pressione sui nosocomi: le persone in attesa hanno un tampone positivo o presentano problemi di desaturazione. L’allarme dei chirurghi: “Non riusciamo a curare tutti”

Qui Napoli

Davanti al Cotugno di Napoli è stato istituito un pretriage per distinguere le situazioni di maggiore urgenza e consentire dunque l’assistenza prioritaria a chi deve essere portato all’interno dell’ospedale. Il personale ospedaliero fornisce l’assistenza sia ai malati che si trovano sulle ambulanze private sia in macchina. Il Cotugno è il pronto soccorso infettivologico di riferimento ed è dunque preso d’assalto in periodi di picco come questo.

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Caos anche a Palermo

Stesse scene, nelle ultime ore, anche a Palermo con le ambulanze in fila per ore davanti al Cervello e al Civico, con tanto di protesta dei barellieri e installazione d’urgenza di tensostrutture esterne.

“Soltanto per qualche ora c’è stata un’emergenza al pronto soccorso del Cervello. La situazione è stata risolta con il montaggio del posto medico avanzato. E’ successo che si è concentrato nelle stesse ore un numero di pazienti che ha superato la ricettività del pronto soccorso che è di oltre 50 postazioni”, ha riferito Tiziana Maniscalchi, responsabile del pronto soccorso Covid dell’ospedale Cervello di Palermo.

Davanti al nosocomio c’erano 14 ambulanze, rimaste in fila per ore davanti all’area di emergenza. “Speriamo che questo picco – aggiunge Maniscalchi – duri pochi giorni perché sono situazioni che mettono a dura prova il nostro lavoro, l’intero sistema sanitario locale. Questi numeri me li aspettavo perché risentono del Capodanno, delle feste private e delle riunioni familiari. Forse in questa fase sarebbe stato più opportuno riflettere, stare attenti e pensare alle cose essenziali. Speriamo di avere raggiunto il picco ma i numeri non fanno pensare che sia cominciata la discesa, anzi”.

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La responsabile dell’area di emergenza traccia poi un bilancio della situazione: “L’ospedale Cervello, che ha registrato anche 90 accessi al giorno, attualmente ha oltre 200 ricoverati rispetto a una capienza massima di 250 che raggiungeremo con l’attivazione di altri posti letto. Sono tutti casi gravi – sottolinea Maniscalchi – e in gran parte si tratta di persone non vaccinate”.

Intanto, stanno per essere installate altre due tensostrutture all’ospedale Civico e Villa Sofia, a Palermo, dopo quella installata all’ospedale Vincenzo Cervello. L’ assessorato della Salute ha dato il via a un progetto di supporto agli ospedali più sotto pressione per l’emergenza Covid e prevede il posizionamento di un posto medico avanzato adiacente ai pronto soccorso.

Sono strutture dove è possibile assistere i pazienti in attesa di decidere per il ricovero o la dimissione a seguito di indagini diagnostiche in modo da creare uno sfogo esterno alle sale del pronto soccorso. Sono state coinvolte sia la Croce rossa che le organizzazioni di volontariato, come le Pubbliche assistenze.

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L’allarme dei chirurghi: “Non riusciamo a curare tutti”

“Sale operatorie decimate, l’attività è quasi ferma. Siamo tornati al 2020”. Non si può più operare, chi ha un tumore deve aspettare: è la denuncia di Marco Scatizzi, presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi).

“E’ allucinante – afferma – scaricare il peso di questa nuova ondata sul Sistema Sanitario facendo crescere la pressione sugli ospedali. Vogliamo salvare vite umane, vogliamo stare dalla parte dei nostri pazienti, vogliamo che tutto il Servizio sanitario nazionale funzioni in ogni parte d’Italia. Non vogliamo essere complici di chi, per negligenza o inadempienza, mette a rischio la vita dei pazienti e dei chirurghi stessi”.

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