Sondaggi: aumento dell'indice di gradimento per la Meloni e il Pd. Cala ancora la Lega
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Sondaggi: aumento dell'indice di gradimento per la Meloni e il Pd. Cala ancora la Lega

Il Carroccio perde sei decimali ai livelli che occupava esattamente tre anni fa ma non il primato. In seconda posizione c’è ancora il PD: ha guadagnato di più nelle ultime due settimane

Giorgia Meloni
Giorgia Meloni
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7 Maggio 2021 - 09.29


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Le polemiche a tutto tondo legate alle vicende politiche delle ultime settimane – dalla fretta con cui il Governo ha inviato il PNRR a Bruxelles al discorso di Fedez in favore del ddl Zan, passando per la revisione del coprifuoco – sembrano aver prodotto qualche effetto sulle intenzioni di voto, accentuando le tendenze che avevano cominciato a palesarsi.

L’odierna Supermedia dei sondaggi è quindi ricca di elementi degni di nota. A cominciare dalla Lega, partito che occupa ancora la prima posizione ma che perde sei decimali e scende per la prima volta sotto il 22% come non capitava esattamente tre anni a questa parte (con la differenza che nel 2018 il trend per il partito di Salvini era quello di una rapida ascesa).
In seconda posizione c’è ancora il Pd, il partito che ha guadagnato di più nelle ultime due settimane (+0,6). In termini di consensi, solo con i dati di oggi i democratici possono dirsi pienamente ripresi dallo shock causato dalle improvvise dimissioni di Nicola Zingaretti: dopo diverse settimane, la “cura Letta” – fatta di rinnovamento interno con una maggiore attenzione verso le donne e una strategia di contenimento della Lega in seno al Governo – sembra aver prodotto i suoi effetti. Altra novità è quella che riguarda Fratelli d’Italia, che fa segnare un (ennesimo) nuovo record salendo per la prima volta sopra il 18% e arrivando a meno di 3 punti e mezzo dalla vetta. Ad oggi, la sfida per la palma di prima forza politica sembra ristretta a questi 3 partiti.

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Un altro elemento da sottolineare è il dato aggregato dei partiti che compongono la “iper-maggioranza” che sostiene il Governo Draghi: questa settimana scende per la prima volta sotto il 75%, e non si tratta certo di un segnale allarmante (la compattezza della maggioranza e la conseguente efficacia dell’azione dell’esecutivo si misurano in ben altro modo) ma che evidenzia come, in questo frangente, a beneficiare di un esecutivo di unità nazionale siano le forze che hanno deciso di chiamarsene fuori, a sinistra (con Sinistra Italiana) ma soprattutto (con Fdi) a destra.

Vediamo allora come si posizionano gli italiani rispetto alle questioni su cui si è divisa la politica italiana di recente. Innanzitutto, vale la pena notare come sia in continua evoluzione l’atteggiamento nei confronti del coprifuoco. Già la scorsa settimana avevamo visto come si era registrata un’evoluzione a favore del posticipo di questa restrizione alle ore 23 (dalle 22 attuali).
Ad oggi, secondo i dati di Emg, questa tendenza si è ulteriormente accentuata, e sarebbe esattamente un italiano su due a essere favorevole a questa soluzione “di compromesso”.
Per contro, diminuirebbe la quota di chi vorrebbe lasciarlo invariato alle 22, mentre si registra sempre una quota minoritaria (circa 1 su 5) di elettori che ne auspicano l’abolizione tout court.

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Quanto visto sul coprifuoco non implica però che gli italiani siano diventando sempre più “aperturisti”: anzi, secondo un sondaggio dell’istituto Ipsos gli italiani in maggioranza (53%) si dichiarano preoccupati che i propri concittadini possano interpretare le riaperture come un’occasione per abbassare la guardia, aumentando il rischio di circolazione del virus. Lo stesso sondaggio ci dice anche come la pensano gli italiani in relazione all’altro “casus belli” dell’ultima settimana, ossia il ddl Zan.
Un provvedimento molto contestato dal centrodestra (ma non solo) e che però – forse anche complice la campagna social a sostegno del disegno di legge – sembra avere molti più italiani a favore (49%) che contro (31%).

Del resto, gli italiani sembrano in netta maggioranza (57%) convinti che nel nostro Paese esista oggettivamente un problema di discriminazione delle minoranze, siano esse tali per la loro etnia, la loro religione o il loro orientamento sessuale.
Solo il 30% ritiene che questo problema sia insussistente, e sollevato “solo dagli intellettuali”. Anche questi numeri spiegano il sostegno a una proposta di legge (il ddl Zan appunto) che, pur con tutte le sue criticità – non da ultime i limiti dello strumento scelto – si pone come obiettivo dichiarato quello di combattere la discriminazione delle persone non eterosessuali.

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