Arrivata dalla Russia la conferma ufficiale: Olesya Rostova non è Denise Pipitone
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Arrivata dalla Russia la conferma ufficiale: Olesya Rostova non è Denise Pipitone

L'analisi del gruppo sanguigno conferma che la ragazza russa, orfana e in cerca dei genitori, non è la bimba sparita nel nulla nel settembre del 2004 a Mazara del Vallo (Trapani)

Olesya Rostova, Denise Pipitone e Piera Maggio
Olesya Rostova, Denise Pipitone e Piera Maggio
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7 Aprile 2021 - 19.24


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La notizia che tutti speravano potesse arrivare dall Russia purtroppo non è giunta.
Dopo una settimana agonizzante, soprattutto per Piera Maggio, la madre di Denise Pipitone, alle prese anche con la riluttanza del programma tv russo che ha fatto slittare di un giorno la messa in onda della puntata in cui si sarebbe rivelato l’esito del test del sangue, il gruppo sanguigno di Olesya, la ragazza russa andata in tv in cerca dei genitori, è diverso da quello di Denise Pipitone, la bambina scomparsa da Mazara del Vallo il primo settembre 2004.
Lo fa sapere Giacomo Frazzitta, legale della mamma di Denise, Piera Maggio, che ieri ha registrato la trasmissione, in onda oggi pomeriggio, nella quale è stato reso noto che il gruppo sanguigno non corrisponde a quello della bambina.
Questa mattina il legale si è recato in Procura a Marsala (Trapani) a depositare tutta la documentazione su Olesya Rostova, che gli è arrivata ieri pomeriggio via email dal suo legale russo, poco prima di registrare la trasmissione.
La trasmissione “Lasciali parlare” è andata in onda sul primo canale russo, e Frazzitta si è collegato via Skype, anche se il programma è stato registrato ieri pomeriggio.
“Si è preferito accelerare i tempi di verifica – ha detto l’avvocato Frazzitta – seguendo i contatti in via privata con l’avvocato di Olesya, poiché un’eventuale rogatoria con la Russia avrebbe comportato tempi più lunghi e, invece, si reputava necessario conoscere almeno il dato preliminare del gruppo sanguigno, prima possibile, per poi meglio approfondire la vicenda”.
Il legale ha poi spiegato che “Piera Maggio non ha potuto partecipare al programma perché ha subìto un intervento chirurgico ed è in convalescenza”.
“Siamo veramente dispiaciuti che il gruppo sanguigno di Olesya non sia quello di Denise.
Era un passaggio fondamentale da fare”, ha detto ancora l’avvocato. Il legale di Piera Maggio, la mamma di Denise, ha comunque trasmesso una nota alla Procura di Marsala, che valuterà se procedere ad ulteriori accertamenti.
L’esame si era reso necessario per stabilire se la ragazza russa abbandonata da bambina e Denise Pipitone, la piccola scomparsa 17 anni fa in Sicilia, sono la stessa persona. Tante le polemiche nei giorni scorsi, con l’avvocato di Piera Maggio che aveva detto di non essere disposto a una strumentalizzazione mediatica della vicenda.
La storia di Denise Pipitone
È il primo settembre del 2004 quando la piccola Denise, una bimba paffutella di quasi quattro anni con gli occhioni grandi e marroni, sta giocando con i cuginetti in strada vicino alla casa della nonna materna a Mazara del Vallo, grosso centro in provincia di Trapani.
La zia grida: “E’ pronto!”.
Denise resta sola in via la Bruna. Mancano pochi minuti a mezzogiorno.
Quella è stata l’ultima volta che la piccola è stata vista.
Sta guardando attraverso il cancello la casa della zia, poi, il nulla.
Sono trascorsi 17 lunghi anni.
Ci sono stati processi, avvistamenti, appelli disperati della madre, Piera Maggio, ma niente. Di Denise Pipitone si sono perse le tracce. Sembra svanita nel nulla. Gli inquirenti iniziano a cercarla, ovunque. O forse no.
Mamma Piera più volte lamenta falle nelle ricerche, nelle varie inchieste.
Un mese e mezzo dopo la scomparsa arriva una segnalazione, e mamma Piera spera. Ma sarà solo la prima di una lunga, lunghissima serie di avvistamenti, tutti andati a vuoto.
È il 18 ottobre 2004 e a Milano una guardia giurata nota un gruppo di nomadi.
Ci sono un uomo, due donne e tre bambini piccoli, una bimba ha la testa coperta da un cappuccio, anche se fa caldo. S
embra somigliare alla piccola Denise.
C’è un video che inizia a girare, si chiama ‘Danas’.
Piera crede che sia proprio lei, Denise.
Ma nel frattempo i nomadi sono spariti da Milano.
Il calvario di Piera è solo all’inizio.
Nel frattempo le indagini proseguono e scandagliano la vita privata di Piera Maggio e di tutta la sua famiglia.
Viene così fuori che Denise non è la figlia naturale del marito di Piera Maggio, Toni Pipitone, che lavora in Germania.
Ma di Piero Pulizzi, che è il marito di un’amica della sorella di Piera, un uomo sposato che ha avuto una relazione con lei.
Da questa relazione sentimentale è nata la piccola Denise.
Sui giornali, e anche in città, si scatenano i pettegolezzi.
Nel frattempo Piero Pulizzi divorzia dalla moglie, Anna Corona.
Le figlie della coppia, Jessica e Alice, odiano Piera Maggio. Perché la ritengono responsabile di quel divorzio.
La più grande, Jessica Pulizzi, di 17 anni, finisce sotto la lente degli investigatori.
A suo carico un’intercettazione ambientale, molto discussa, di una conversazione ambientale tra Jessica Pulizzi e la madre Anna Corona, negli uffici della Polizia, dove dovevano essere interrogate.
Una frase risentita mille volte, da accusa e difesa. Detta in dialetto.
“Io a casa c’a purtai (a casa gliela portai)”, dice Jessica.
Per gli investigatori dell’epoca una frase chiave. Così la ragazza viene accusata di sequestro in concorso.
Secondo la Procura Jessica avrebbe portato prima Denise a casa del padre e non trovandolo l’avrebbe consegnata ad altre persone.
Che, però, non sono mai state individuate.
Intanto, ci sono altre segnalazioni. Come quella della ragazzina che nel 2015 scrive su Facebook proprio a Piera Maggio dicendole di essere sua figlia, ma è un falso.
E la ragazzina viene smascherata dal programma ‘Chi l’ha visto?’ di Federica Sciarelli.
Nel frattempo, Jessica finisce sotto processo, con l’ex fidanzatino, Gaspare Galeb, accusato di false dichiarazioni ai pm. Ma dopo vari processi la ragazza è stata assolta, anche in appello.
Il pm nel 2015 ha chiesto la condanna a 15 anni di carcere. Non accolta dalla Corte d’appello.
Nel processo d’appello viene poi fuori un’altra intercettazione ambientale, che risale all’11 ottobre 2004, cioè un mese e mezzo dopo la scomparsa della piccola Denise.
Un perito in aula, dopo un lavoro di pulitura dei nastri magnetici, ascolta una frase ritenuta interessante.
A suo avviso Jessica dice alla sorella minore Alice: “Quanno eramu ‘ncasa, a mamma l’ha uccisa a Denise” (quando eravamo a casa, la mamma ha ucciso Denise, ndr).
A quel punto la Procura di Marsala apre un altro fascicolo per omicidio e Anna Corona, ex moglie del padre naturale della bambina, diventa la principale indiziata.
Ma quella conversazione era ‘sporca’, cioè non si sentiva bene.
Dunque non era utilizzabile.
E Alice Pulizzi, ascoltata in aula, ha negato anche con forza di avere mai accusato la madre pronunciando una frase del genere.
Per la donna è stata poi chiesta l’archiviazione.

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Il 19 aprile 2017 arriva la sentenza definitiva per Jessica Pulizzi.
Ancora assolta.
Il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione Luigi Orsi aveva parlato di “assenza di indizi e prove certe” nei confronti di Jessica Pulizzi.
Secondo il procuratore non c’erano elementi per dimostrare “che nei 15 minuti indicati come orario del possibile rapimento Jessica lo abbia effettivamente compiuto”.

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