Femminicidio di Carlotta Benusiglio, la procura accusa il fidanzato di omicidio volontario
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Femminicidio di Carlotta Benusiglio, la procura accusa il fidanzato di omicidio volontario

La donna fu ritrovata impiccata ad un albero quattro anni fa, sarebbe stata prima strangolata. Per il fidanzato accuse di stalking e violenza

Omicidio Carlotta Benusiglio
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15 Ottobre 2020 - 10.14


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Il 31 maggio 2016, la stilista 37enne Carlotta Benusiglio era stata trovata impiccata con una sciarpa ad un albero a Milano.

A oltre quattro anni dai fatti, la Procura di Milano ha espresso il suo parere: omicidio volontario il fidanzato Marco Venturi.

Secondo la ricostruzione del pm Gianfranco Gallo,  l’uomo è accusato di aver ucciso la fidanzata “per futili motivi, con dolo d’impeto, stringendole al collo una sciarpa oppure il proprio braccio” e quindi strangolandola. La ragazza, anche perché affetta dalla “sindrome di Eagle”, sarebbe “deceduta subito dopo per asfissia meccanica da strangolamento” e lui avrebbe simulato “una impiccagione sospendendo parzialmente” con la sciarpa il cadavere ad un albero nei giardini di piazza Napoli, il 31 maggio di quattro anni fa, verso le 3.40 di notte.

Venturi, come si legge nell’atto di chiusura indagini, è anche accusato di episodi di stalking e lesioni contro la fidanzata, tra il 2014 e il 2016. 

Gli viene contestato di averla più volte presa a schiaffi, di averla minacciata, di averla colpita con calci, anche per “moti di gelosia”. 

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I familiari della donna nel procedimento sono assistiti dai legali Gian Luigi Tizzoni e Pier Paolo Pieragostini.

Venturi, difeso dal legale Andrea Belotti, ha vissuto una vera e propria parabola giudiziaria nelle complesse indagini: da persona informata sui fatti, col fascicolo in via di archiviazione, a indagato per istigazione al suicidio fino ad accusato di omicidio volontario aggravato. 

Il gip ha negato l’arresto chiesto dal pm. 

Secondo una perizia disposta dal gip nel 2018, la donna è morta “con grande probabilità” a causa di una “asfissia prodotta da impiccamento” e sul cadavere riesumato non c’erano “lesioni scheletriche” riconducibili ad un “eventuale strangolamento, parziale o totale, con successiva sospensione del corpo. 

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