Silvia Romano ha rilasciato la sua prima intervista: "Indossare il velo per me è libertà"
Top

Silvia Romano ha rilasciato la sua prima intervista: "Indossare il velo per me è libertà"

Racconta per la prima volta in una intervista i mesi della prigionia e la sua conversione all’Islam al giornale online ‘La Luce’, di cui è direttore Davide Piccardo esponente della comunità islamica di Milano.

Silvia Romano
Silvia Romano
Preroll

globalist Modifica articolo

6 Luglio 2020 - 12.03


ATF

“Ero disperata perché, nonostante alcune distrazioni come studiare l’arabo, vivevo nella paura dell’incertezza del mio destino”. Con queste parole Silvia Romano, la volontaria milanese rapita in Kenya e liberata lo scorso maggio dopo un anno e mezzo di prigionia, ha raccontato per la prima volta in una intervista i mesi della prigionia e la sua conversione all’Islam al giornale online ‘La Luce’, di cui è direttore Davide Piccardo esponente della comunità islamica di Milano.
“Ma più il tempo passava e più sentivo nel cuore che solo Lui poteva aiutarmi e mi stava mostrando come – ha aggiunto -. La fede ha diversi gradi e la mia si è sviluppata con il tempo. Sicuramente dopo aver accettato la fede islamica guardavo al mio destino con serenità nell’anima”.

“Quando vado in giro sento gli occhi della gente addosso, non so se mi riconoscono o se mi guardano semplicemente per il velo. Ma non mi dà particolarmente fastidio. Sento la mia anima libera e protetta da Dio. Per me il mio velo è un simbolo di libertà”. “In metro o in autobus credo colpisca il fatto che sono italiana e vestita così – ha aggiunto -. Sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima”.

Silvia poi parla anche del momento in cui si è convertita all’Islam. “Nel momento in cui fui rapita, iniziando la camminata, iniziai a pensare: io sono venuta a fare volontariato, stavo facendo del bene, perché è successo questo a me? Qual è la mia colpa? È un caso che sia stata presa io e non un’altra ragazza? È un caso o qualcuno lo ha deciso? Queste prime domande credo mi abbiano già avvicinato a Dio, inconsciamente. Ho iniziato da lì un percorso di ricerca interiore fatto di domande esistenziali. Mentre camminavo, più mi chiedevo se fosse il caso o il mio destino, più soffrivo perché non avevo la risposta, ma avevo il bisogno di trovarla”. “Il passaggio finale è avvenuto dopo una lunga marcia, quando già ero nella mia prigione; lì ho iniziato a pensare: forse Dio mi ha punito. Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perché non credevo in Lui, perché ero anni luce lontana da Lui”.

Native

Articoli correlati