“Quando arriveremo ad avere un vaccino i costi potrebbero essere molto molto elevati e allora bisognerà farsi trovare pronti e agire per tempo”. Lo spiega Silvio Garattini, decano dei farmacologi italiani e fondatore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, in un’intervista al ‘Messaggero’. “Una dose potrebbe costare fino a mille euro e solo per l’Italia servirebbero almeno 50 miliardi per poterlo fare a tutti, una cifra insostenibile. Quindi bisogna lavorare a una strategia e sarebbe bene farlo con altri Paesi”. Per Garattini “dobbiamo stare attenti a cosa succede dal punto di vista del prezzo, tenendo conto che, tra l’altro, molti di questi che stanno sviluppando vaccini hanno già ricevuto sovvenzioni pubbliche e da fondazioni private”.
“Il nazionalismo è un secondo grosso problema come si capisce dalla dichiarazione del dg di Sanofi: metto a disposizione il vaccino solo per gli Stati Uniti, dove lo hanno già prenotato, ma anche perché lì i farmaci costano molto di più che in qualsiasi altro Paese. Pensiamo – dice il farmacologo – a chi ha meno risorse o ai Paesi in cui non è stato sviluppato il vaccino, avrebbero meno possibilità di averne a disposizione. E allora occorre agire per tempo. I governi devono lavorare fin da adesso con i Paesi in cui si sta sviluppando un vaccino per sapere qual è il percorso da seguire e accordarsi per produrlo in più sedi, perché serviranno miliardi di dosi. Se necessario si potrà ricorrere anche alle disposizioni che esistono nelle contrattazioni internazionali che possono imporre una licenza obbligatoria, se necessario, affinché tutti i Paesi abbiano a disposizione il vaccino”.
Secondo Garattini “il vaccino dev’essere un bene comune. La licenza obbligatoria è una strada efficace che negli anni scorsi si è già percorsa, per esempio in India, per il Sofosbuvir, il farmaco anti epatite C, che era disponibile a prezzi eccessivi. Ci sono le modalità per ottenere i risultati, l’importante però è pensarci prima. Quando arriverà il vaccino sarà già tardi e per i governi sarà molto più difficile contrattare”. Le agenzie regolatorie, come la nostra Aifa, possono avere un ruolo? “In questa partita – replica – l’onere spetta alla politica, ai governi. Certamente ci sono interazioni già in atto tra le agenzie, ma non sono in grado di risolvere questi problemi né spetta loro farlo”.
“L’Europa ha l’occasione di fare qualcosa di unico se vuole che tutti i suoi Paesi abbiano il vaccino. Innanzitutto può suggerire una serie di sedi in cui si può produrre e allacciare rapporti con Stati e aziende perché ci possa essere il trasferimento della produzione dove necessario. La salute è sempre stata fuori dalle aree di collaborazione fra i Paesi dell’Unione, la pandemia potrebbe finalmente far scattare l’ora della solidarietà sanitaria. Vanno create alleanze per attivare un meccanismo solidale. L’Europa si faccia capofila per un’equità di accesso ai vaccini. Ma, ripeto, va fatto ora, non fra sei mesi”.
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