La vera liberazione dal virus sarà quando ci potremo finalmente togliere le maschere e...
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La vera liberazione dal virus sarà quando ci potremo finalmente togliere le maschere e...

La maschera che copre il volto è come un muro contro il quale rimbalza il nostro sguardo, accentuando la nostra solitudine e il senso di estraneità

Mascherine
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

5 Maggio 2020 - 20.09


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Quando, nel novembre dell’89, venne abbattuto il muro che divideva i berlinesi dell’ovest da quelli dell’est abbiamo pensato che fosse finita l’epoca delle barriere insormontabili e dei fili spinati, e che fosse iniziato un tempo nuovo, fatto di libertà e di possibilità.
Il nuovo millennio ha distrutto le speranze di un mondo più unito, dove le persone potevano muoversi senza ostacoli, mettersi in cammino e cercare le migliori condizioni per realizzare i loro progetti di vita. Negli ultimi decenni, infatti, sono stati costruiti nuovi muri, per impedire che dal sud del mondo, uomini, donne e bambini, si muovessero verso il nord, per riscattare un destino di povertà e di morte. Migranti contro stanziali, ricchi contro poveri, e in mezzo muri di cemento e di indifferenza che li dividevano, che proteggevano i primi e condannavano gli altri.
Poi è comparso il virus e abbiamo scoperto che la minaccia ce la portiamo dentro e che quei muri che avevamo costruito ai confini del nostro mondo non potevano salvarci. E così per sopravvivere abbiamo dovuto fare di noi stessi un muro, per difenderci dagli altri, che sono diventati a loro volta dei muri.
È sufficiente mettersi in coda davanti a un supermercato per rendersi conto di quanto sta accadendo. Una lunga fila di mascherine che coprono il volto e ci rendono tutti più uguali, uniformi.
Negli anni ’60 del secolo scorso, Emmanuel Lèvinas, un filosofo sopravvissuto alla Shoa scriveva che il volto è il modo in cui l’Altro si presenta al mio sguardo in una maniera misteriosa e sfuggente. Il volto è il fondamento di ogni relazione umana, anche se si sottrae a qualsiasi definizione ed è il tratto che rende ciascuno di noi unico e irripetibile. Il volto è così espressivo che, ogni volta che guardiamo un viso ci accade di perderci, come se ci trovassimo di fronte qualcosa di infinito. Neppure il paesaggio più incantevole ha questa forza, perché anche la Natura più spettacolare è muta. Nel volto dell’Altro scopro che il mondo non è soltanto mio, ma è sempre un mondo che condivido, e questa consapevolezza ci rende responsabili e accoglienti.
La maschera che copre il volto è come un muro contro il quale rimbalza il nostro sguardo, accentuando la nostra solitudine e il senso di estraneità. Abbiamo perso i volti e quell’infinito che ogni volto contiene, abbiamo creato al loro posto una sequenza di bende anonime e di muri impenetrabili e la sensazione crescente di essere ricacciati nel nostro spazio privato e limitato, senza poter incontrare realmente nessuno.
La vera liberazione dal virus non sarà soltanto la fine dell’isolamento, ma il momento in cui potremo finalmente togliere le maschere, abbassare la guardia, mostrarci agli Altri e perderci nei lineamenti irripetibili dei loro volti, che sono il disegno della loro vita.
La speranza è che quel tempo non sia troppo lontano, perché ogni giorno che passiamo, confinati nei recinti del nostro Io, accresce la nostra distanza dal resto del mondo

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