Fino a quando possiamo accettare di non essere liberi?
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Fino a quando possiamo accettare di non essere liberi?

I diritti sono il diritto alla vita, alla proprietà e infine alla libertà. Ma la libertà è il diritto che corre sempre più rischi quando c'è una emergenza

Coronavirus a Milano
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Antonio Rinaldis Modifica articolo

11 Aprile 2020 - 10.46


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Cos’è un diritto? Nella lingua latina diritto si dice ius, e significa anche facoltà, potere. Un diritto è quindi soprattutto il potere di fare qualcosa; a un certo punto dell’evoluzione civile si è ritenuto che gli esseri umani sono proprietari di diritti naturali, che si acquisiscono alla nascita e che non sono cedibili a nessuno. Tali diritti sono il diritto alla vita, alla proprietà e infine alla libertà; i primi due sono diritti a cui non è possibile rinunciare, perché nessuno si priva della propria vita spontaneamente, se non i suicidi, e tantomeno si è disposti ad abbandonare ciò che si possiede. Per la libertà il discorso è diverso, perché ci sono delle circostanze in si può accettare di rinunciare alla propria libertà in cambio della sicurezza. Per questo motivo la libertà, fra i diritti è quello più fragile, ed è quello che corre i rischi maggiori, in questo momento di emergenza.

La libertà è infatti il potere a cui si rinuncia per primo, nel momento in cui si è in pericolo di perdere la vita, perché vivere è l’istanza che la nostra parte animale ritiene prioritaria, ma se la situazione di emergenza viene perpetuata, fino a quando possiamo accettare di non essere liberi?
La decisione del governo di prorogare il lockdown fino al mese di maggio, motivata dalle ragioni superiori di tutelare la salute pubblica, sembra inquietare soltanto la Confindustria, preoccupata per le sorti delle migliaia di aziende che rischiamo il collasso, ma dovrebbe interrogarci su anche su questa interminabile clausura che stiamo accettando con rassegnazione.

É’ vero che la Confindustria rivendica una specie di libertà, che però è quella economica, delle imprese, mentre dovremmo cominciare a chiederci se la passività con cui i cittadini italiani si stanno adattando alle misure restrittive non sia un pessimo segnale sullo stato di salute della nostra comunità democratica e dei valori sui quali è stata fondata.

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