Per lungo tempo il problema principale del Paese è sembrato essere quello degli immigrati. Erano loro la vera minaccia dell’Italia. Ci invadevano. Ci portavano via il lavoro. Venivano a fare la pacchia a spese dello Stato. Ci portavano le malattie, la delinquenza, il terrorismo. Si sono vinte e perse le elezioni sulle politiche contro l’immigrazione. L’ondata sovranista che ha dilagato in tutto l’Occidente è stata in gran parte alimentata dall’avversità per il nero, lo straniero, il diverso.
La Lega di Salvini è passata in pochi anni dal 3 ad oltre il 30% dei voti seminando odio e cavalcando le paure di una larga fetta di popolo su questo terreno. Anche i Cinquestelle hanno pascolato a lungo in quel campo prima di farsi mangiare dal capo pascolo. Così come il Centrosinistra che si è fatto spolpare nel suo patetico tentativo di scimmiottare le destre e di presentarsi come il volto buono dei cattivi.
Poi sono successe due cose. Prima è arrivato il nuovo governo e un ministro degli Interni – l’ottima Luciana Lamorgese – che fa il ministro dal Viminale e non dal Papeete e prova a risolvere i problemi invece di strumentalizzarli. E in pochi mesi si è capito che il fenomeno si poteva e si può governare. Quindi sono arrivati il coronavirus e la pandemia e l’emergenza migranti è scomparsa dai radar, purtroppo prima che si riuscissero a modificare gli orridi decreti sicurezza con i quali Salvini voleva lasciare i disperati in mezzo al mare e punire chi provava a salvarli. Adesso gli stranieri che nessuno vuole perché portano la malattia siamo diventati noi. I respingimenti in tutto il mondo, anche in Africa, li fanno contro di noi. Mentre i braccianti immigrati sono in fuga e la Coldiretti lancia l’allarme perché il rischio è che tra qualche mese non ci sia più chi va a raccogliere i pomodori. Per tutto questo anche solo a ripensare alla campagna sui porti chiusi oggi viene il mal di stomaco.
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