Ci credete? In tempi di Coronavirus la scuola manca anche agli studenti
Top

Ci credete? In tempi di Coronavirus la scuola manca anche agli studenti

tefano, studente dell’ultima classe di Liceo che affida a whatsapp la sua disperazione per la sospensione delle lezioni. Del resto la scuola è comunità

Scuole chiuse per il Coronavirus
Scuole chiuse per il Coronavirus
Preroll

Antonio Rinaldis Modifica articolo

7 Marzo 2020 - 18.43


ATF

Stefano: Buongiorno. Allora oggi si fa la 2° Guerra Mondiale. Aprite il libro a pagina 300. – Seguono memo con faccine tristi e lacrimoni. – Mi manca la scuola!
Questo è Stefano, studente dell’ultima classe di Liceo che affida a whatsapp la sua disperazione per la sospensione delle lezioni. E poi dicono che la scuola annoia e che i ragazzi non ci vogliono andare. La scuola manca, anche agli studenti. Ma cosa nasconde il lamento del giovane liceale?
La scuola è una comunità, una delle ultime istituzioni comunitarie che sono sopravvissute alla logica individualistica che ha colonizzato le coscienze in questo ultimo scorcio della storia umana. Perché la famiglia non ha più il senso della comunità, ma è spesso un intrigo di egoismi che si scontrano, a volta anche in maniera violenta e drammatica, senza dimenticare il tratto violento che troppo spesso caratterizza i rapporti familiari; il mondo del lavoro non crea comunità, perché la competizione, la guerra di tutti contro tutti per conquistare posizioni dominanti sono diventate la filosofia aziendale prevalente. Rimane la scuola, una comunità educante di dialogo e di ricerca nella quale il singolo viene educato, cioè condotto e accompagnato in un percorso di crescita che però si realizza in una continua interazione con gli altri, in un confronto interindividuale che è alla base di ogni gruppo classe.
Stefano soffre di solitudine, ha nostalgia di un mondo nel quale si è insieme, si diventa grandi con gli altri soggetti che formano la galassia scolastica, i compagni di avventura, che sono i suoi coetanei, ma anche gli insegnanti, il Preside, i bidelli, le segretarie.
Nella Peste, uno dei romanzi più importanti del ‘990, scritto da Albert Camus in piena 2° guerra mondiale, uno dei protagonisti sostiene che uno dei danni più terribili provocati dal morbo è la separazione, quella condizione nella quale ciascuno è consegnato a se stesso, alla propria individualità, diviso dal resto del mondo, gettato nel silenzio, recluso in un angolo come un criminale.

Leggi anche:  Le ragazze hanno maggiori competenze digitali rispetto ai ragazzi  
Native

Articoli correlati