Indagini superficiali che hanno danneggiato i parenti della vittima. È questa la ragione che ha portato Alfonso Bonafede a richiedere un’azione disciplinare nei confronti di Alessandra D’Amore la pm titolare dell’inchiesta sull’omicidio di Marco Vannini a Ladispoli nel 2015.
Secondo il ministro della Giustizia in sede di indagine ci sono state diverse imperizie da parte dell’inquirente, dal mancato sequestro della villa della famiglia Ciontoli, al non utilizzo del luminol per l’accertamento della presenza di tracce ematiche, fino al non aver interrogato tutti i vicini di casa.
Carenze procedurali che hanno concorso nell’arrecare un danno ai parenti del ragazzo e che son dunque valse l’avvio del procedimento disciplinare: la D’Amore avrebbe nel frattempo già chiesto di essere ascoltata nelle sedi opportune.
Per quanto riguarda invece il nuovo processo, per Antonio Ciontoli il capo di imputazione passa dall’omicidio colposo al volontario con dolo eventuale. Saranno processati anche la moglie Maria Pizzillo e i figli Federico e la figlia Martina per non aver chiamato immediatamente i soccorsi, che avrebbero salvato la vita del ragazzo.