Il Vaticano apre una riflessione sulle coppie gay

Uno studio di analisi sulla famiglia ha aperto una riflessione sulle unioni omosessuali: "l'umanità ha gradualmente migliorato la sua consapevolezza del diritti della persona".

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Riccardo Cristiano Modifica articolo

20 Dicembre 2019 - 18.16


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Conversando con i gesuiti in Thailandia, Papa Francesco ha risposto anche a una loro domanda sui divorziati risposati, ribadendo che il modo casistico, cioè un approccio alla riflessione giuridica, non è il suo preferito, e infatti ha detto: “Potrei risponderti in due modi: in modo casistico, che però non è cristiano, anche se può essere ecclesiastico; oppure, secondo il Magistero della Chiesa, come è scritto nell’ottavo capitolo dell’Amoris laetitia, cioè fare un cammino di accompagnamento e di discernimento per trovare le soluzioni. E questo non ha nulla a che fare con la morale della situazione, ma con la grande tradizione morale della Chiesa”. Dunque quando il segretario della Congregazione per la dottrina della Fede, monsignor Giacomo Morandi, ha risposto alle affermazioni di alcuni giornalisti che vedevano aperture sul divorzio e le unioni omosessuali in un recente documento antropologico, ribadendo i vincoli della dottrina prima di Amoris Laetitia, sembra essersi dimenticato quanto è emerso dal sinodo sulla famiglia, recepito nell’Esortazione apostolica post-sinodale dal Papa. Il punto ovviamente non è il divorzio, ma i divorziati, cosa molto diversa.
Ma la questione più importante emersa dalla lettura dell’ampio e interessantissimo studio su “Chi è l’uomo” pubblicato dalla Lev e curato in trecento pagine documentatissime e attentissime dalla Pontificia Commissione Biblica è quello relativo alle unioni omosessuali. Unioni non vuole dire “matrimonio”, questo è chiaro a tutti. Ma in ogni caso il documento dei biblisti, su un tema vastissimo, prende in esame la famiglia fondata sull’unione tra un uomo e una donna come indiscutibile riferimento biblico. Poi accetta di considerare le tesi di chi sostiene le unioni omosessuali. Qui è estremamente importante notare l’affermazione che “nel corso della sua storia millenaria, l’umanità ha progredito nella conoscenza scientifica, ha gradualmente migliorato la sua consapevolezza del diritti della persona, testimonianza di un crescente rispetto per le minoranze, gli indifesi, i poveri e gli emarginati.” Cosa c’entra questo con gli omosessuali e il loro anelito a unirsi? Partendo di qui lo studio riconosce la diversità biologica, più che evidente nella vita sociale, e ribadisce la necessità di una cura pastorale per gli omosessuali. E soprattutto afferma: “Certe formulazioni degli autori biblici, come anche le direttive disciplinari del Levitico, richiedono un’intelligente interpretazione che salvaguardi i valori che il testo sacro intende promuovere, evitando dunque di ripetere alla lettera ciò che porta con sé anche tratti culturali di quel tempo”. 
Nel corso della presentazione di questo rilevante studio, nuovo soprattutto nel linguaggio e nell’approccio al vastissimo tema, di cui l’omosessualità è solo piccola parte, il cardinale Ladara, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha detto: “L’intenzione di questo documento è di aiutare a percepire la bellezza e anche la complessità della rivelazione divina sull’uomo. La bellezza porta ad apprezzare l’opera di Dio. E la complessità ci invita ad assumere uno sforzo umile e implacabile di ricerca, approfondimento e trasmissione”.
Dunque ricerca, approfondimento propedeutici a una sana trasmissione. Non è tanto la discussione sugli istituti che appare emergere, ma una diversa attenzione alle persone. È questo forse il punto che non è chiaro: nessuno ha immaginato che i biblisti potessero porre la questione di un istituto, tanto meno di un sacramento, ma ragionare in termini nuovi. Meno attenti al metodo casistico.

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