A Bari, mentre i politici litigano, l’inceneritore avanza
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A Bari, mentre i politici litigano, l’inceneritore avanza

A parole tutti sono contrari, eppure il progetto in due anni ha incassato il parere favorevole dei tecnici e delle commissioni di tutti gli enti interessati, dal Comune alla Regione

Inceneritore
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Michele Cecere Modifica articolo

21 Febbraio 2018 - 20.23


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Sembra davvero una storia tutta italiana quella del progetto di un inceneritore a Bari, un impianto unico al mondo, che si ispirerebbe ad un altro più piccolo e sperimentale già esistente sempre in provincia di Bari, a Gioia del Colle.
Un impianto di ossicombustione, volgarmente detto inceneritore di rifiuti, sta per nascere a pochi passi da Bari, nella zona industriale di Modugno. Un impianto privato ma finanziato al 50% da soldi pubblici. A parole tutti sono contrari, eppure il progetto in due anni ha incassato il parere favorevole dei tecnici e delle commissioni di tutti gli enti interessati, dal Comune alla Regione.
Il sindaco di Bari, Antonio De Caro dice di essere stato informato tardivamente del progetto, quando i tecnici dei vari assessorati avevano già dato il via libera. Si, perché pare che, per evitare gli intoppi politici del “Ning” (acronimo inglese che sta per “not in my garden”, non nel mio giardino) da qualche anno la legge abbia rafforzato i poteri decisionali dei tecnici degli enti a scapito di quelli degli amministratori. Accade così che un’azienda, la Newo, che non ha ancora svolto la minima attività, ma che si è costituita tre anni fa appositamente per costruire e gestire questo inceneritore, presenti una domanda di finanziamento a “Puglia Sviluppo”, controllata dalla Regione Puglia, e ottenga le risorse pubbliche per costruire il 50% dell’impianto. Il finanziamento sarebbe però legato alla disponibilità della più grande municipalizzata dei rifiuti pugliesi, l’Amiu Puglia, a conferire al nuovo inceneritore i rifiuti raccolti nel capoluogo pugliese: peccato che l’Amiu Puglia abbia smentito questa ipotesi. Gli ambientalisti baresi, riuniti nella Consulta comunale guidata dalla ricercatrice del CnrElda Perlino, sono sul piede di guerra e hanno presidiato il consiglio comunale monotematico svoltosi il 12 febbraio, una seduta in cui tutti si sono detti contrari alla costruzione dell’impianto, ma nessuno ha voluto trovare un accordo per votare un ordine del giorno congiunto contro l’inceneritore.
Molti sono i lati oscuri di una vicenda emblematica e a tratti farsesca, se non fosse che si gioca sul filo delicatissimo della salute pubblica e dell’ambiente. La storia parte nel 2012, quando l’Amiu Puglia, diretta all’epoca dall’avvocato Grandaliano (che ha confermato in una intervista alla Gazzetta del Mezzogiorno di essere stato in precedenza anche avvocato del socio principale della Newo) stipula un accordo con l’Itea di Gioia del Colle per finanziare la sperimentazione di una tecnologia innovativa che, utilizzando rifiuti baresi, li trasformi in perle vetrose, tramite ossigeno ad altissima temperatura. E sarà sempre Grandaliano, nel corso di un’audizione parlamentare nel 2016, a presentare l’idea di costruire un simile impianto ma su grande scala a Bari. Nello stesso anno 2016 la Regione Puglia introduce la possibilità di finanziare gli impianti di «trattamento e smaltimento di rifiuti pericolosi esclusivamente attraverso la tecnologia dell’ossicombustione”, guarda caso la modalità innovativa proposta dalla Newo. Quest’ultima presenta dunque istanza per le varie autorizzazioni, ottenendo l’approvazione da ben 14 enti (tecnici del Comune di Bari inclusi) e avvia la pratica per ottenere un finanziamento pubblico da Pugliasviluppo. Ed è pure curioso leggere, tra le “misure di mitigazione e compensazione” a fronte dell’opera da realizzare (richieste dal Direttore della Ripartizione Ambiente in rappresentanza del Comune di Bari), l’ allestimento, a cura e spese della società Newo, di un’area giochi attrezzata per bambini proprio nelle vicinanze dell’impianto da costruire.
Per scongiurare il pericolo inceneritore, impianto che non servirebbe a bruciare i rifiuti pugliesi (per i quali l’unica via definita dalle scelte della regione Puglia è quella del riciclo) quanto quelli, anche pericolosi, provenienti da altre regioni, l’unica strada sembra essere quella legale del ricorso al Tar per annullare le autorizzazioni. La dichiarata contrarietà alla costruzione dell’impianto del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, dell’ex Assessore Regionale all’Ambiente, Filippo Caracciolo, del Sindaco del Comune e della Città Metropolitana di Bari, Antonio Decaro, segna l’ennesima sconfitta della politica, capace di accorgersi dell’operato dei tecnici quando forse è già troppo tardi.

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