Rimborsopoli, assolto l'ex governatore Cota, condannati 10 consiglieri

Il processo si è concluso con l'assoluzione di 15 imputati e la condanna di dieci

L'ex governatore del Piemonte Cota
L'ex governatore del Piemonte Cota
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7 Ottobre 2016 - 10.44


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Ricordate le famose mutande verdi? Non erano mutande ma pantaloncini e lo scontrino  – si era difeso – era finito per sbaglio tra i rimborsi. Ora Roberto Cota, ex presidente della Regione Piemonte è stato assolto perché il fatto non sussiste. Assolti con lui altri 15 consiglieri regionali. Assolti dall’accusa di truffa per le “spese pazze” anche Maurizio Lupi e la figlia Sara (che non era consigliera). Altri dieci consiglieri piemontesi sono stati invece condannati per peculato, con condanne comprese tra i 4 mesi e i 3 anni e 10 mesi: Michele Giovine, Andrea Stara, Michele Formagnana, Mastrullo Angiolino, Roberto Tentoni, Rosanna Costa, Daniele Cantore, Alberto Cortopassi, Giovanni Negro e Augusta Montaruli.
È la sentenza Rimborsopoli per le spese pazze in Piemonte, pronunciata poco prima delle 10. Venticinque condanne (da un minimo di 16 mesi a un massimo di 4 anni e 4 mesi) erano state chieste dei pm Enrica Gabetta e Giancarlo Avenati Bassi per i politici (e la segretaria) finiti a processo. La pena più alta richiesta era per Michele Giovine, la più bassa per Maurizio Lupi e per la figlia Sara, imputati per truffa. Per l’ex presidente della giunta regionale Roberto Cota la richiesta era stata di 2 anni e 4 mesi. I pm avevano anche chiesto al tribunale di trasmettere alla procura gli atti per falsa testimonianza di 4 testimoni: «Sapevo di essere completamente innocente – è il commento a caldo dell’ex governatore Cota – L’assoluzione dimostra che una parte del sistema funziona. Era giusto avere fiducia».
I politici erano finiti sotto inchiesta in seguito a un controllo avviato dalla guardia di Finanza (coordinata dalla procura) nel settembre 2012. I militari avevano raccolto la documentazione messa a disposizione dai consiglieri: scatoloni pieni di scontrini, fatture, ricevute per ottenere i rimborsi previsti dalla legge per il funzionamento dei gruppi consiliari della Regione. Le valutazioni avevano permesso di accertare che i soldi erano stati spesi in ristoranti e bar, ma anche in negozi di abbigliamento e gioiellerie. Tutte spese che ben poco hanno a che fare con l’attività della Regione.
L’accusa
«Non è colpa dello specchio se le vostre facce sono sporche». Il pm Giancarlo Avenati Bassi aveva citato «L’ispettore generale» di Nikolaj Gogol per stigmatizzare l’atteggiamento di un imputato di Rimborsopoli, che «fa l’offeso anziché spiegare». Il magistrato e la collega Enrica Gabetta hanno sostenuto le tesi dell’accusa arrivando a chiedere pene per un totale di 41 anni. «Nelle richieste di pena, abbiamo tenuto conto del comportamento processuale, dell’entità delle cifre e dei risarcimenti» ha spiegato il pm Gabetta. Ecco perché Michele Giovine è in testa alla classifica: ha sostenuto tesi ritenute poco credibili, ha incassato 144 mila euro e non ha risarcito. Appena meglio viene considerata la posizione di Michele Dell’Utri (chiesti 3 anni e 9 mesi), che ha speso 456mila euro pubblici per un sondaggio «mai realizzato», hanno sostenuto i pm. Soldi mai risarciti.
Ma a scatenare l’invettiva del pm Avenati Bassi era stata la vicenda di Andrea Stara, che aveva infilato anche la fattura d’acquisto di un tagliaerba nel mucchio di scontrini da far rimborsare al proprio gruppo consiliare. «È inutile dire che non si è mai sognato di chiedere il rimborso di quella spesa, quando lo stesso giorno c’è addirittura una spesa fatta con il bancomat nello stesso posto per 484 euro. Perché non spiega questa?» aveva detto il magistrato. Per molti altri accusati di peculato (come l’ex presidente Roberto Cota) la procura ha chiesto una pena di 2 anni e 4 mesi.
La difesa
Azioni penali «da caccia alle streghe», un processo «con argomentazioni da Esselunga», chiuso dall’accusa con «una lezione di etica e morale senza una sola prova». Con queste argomentazioni aveva concluso la sua arringa il difensore dell’ex governatore del Piemonte Roberto Cota, Domenico Aiello. Sorpreso che la procura sia arrivata alla richiesta di condanna a 2 anni e 4 mesi: «La legge è uguale per tutti, e se le condotte di Mercedes Bresso sono state scusate allora devono esserlo anche quelle di Roberto Cota».
«La procura di Torino è sola contro tutti. Ci sono decisioni in senso contrario della corte Costituzionale, della Corte dei Conti, di altri tribunali e dello stesso tribunale. Ma la procura ha voluto sostenere comunque l’accusa»: questa la tesi di Giovanni Lageard, uno degli avvocati della difesa, che ha sottolineato come in altre parti d’Italia processi analoghi siano terminati con le assoluzioni.

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Le condanne
Michele Giovine: 3 anni e 10 mesi
Andrea Stara: 3 anni e 4 mesi
Michele Formagnana: 2 anni e 8 mesi
Mastrullo Angiolino: 2 anni e 6 mesi
Roberto Tentoni: 2 anni e 5 mesi
Rosanna Costa: 2 anni e 1 mese
Daniele Cantore: 3 anni e 8 mesi
Alberto Cortopassi: 2 anni e 1 mese
Giovanni Negro: 1 anni e 4 mesi
Augusta Montaruli: 4 mesi

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