Miss, mia cara miss
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Miss, mia cara miss

Lorenza Valentini ha scritto una lettera ad Alice Sabatini dopo le polemiche per la sua risposta sulla seconda guerra mondiale.

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22 Settembre 2015 - 12.11


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Cara Miss Italia,

stamani pensavo che forse le polemiche e le prese in giro di queste ore ti stanno rovinando la festa. O magari no, che te frega: volevi essere miss Italia e lo sei, quindi sti cazzi di chi dice che sei scema. E poi sono fatti tuoi.

Che poi, seriamente, quante e quanti di quelle/i che ti stanno perculando saprebbero (sapremmo, mi ci metto pure io, per carità) rispondere correttamente a un quiz bruciapelo sulla storia contemporanea?

Io credo di aver capito cosa volevi dire e francamente lo trovo pure giusto.
Nessuna persona dotata di un minimo di sana curiosità, non vorrebbe vedere coi propri occhi quello che ha letto sulle “pagine e pagine” dei libri.

Io, per dire, avrei voluto vivere la Rivoluzione Francese (dopo aver letto “L’armata dei Sonnambuli” di Wu Ming, poi, che te lo dico a fa’) e la Rivoluzione di Ottobre. Avrei voluto essere una partigiana, una dissidente cilena e vivere il ’68 e gli anni ’70 tutti.

Purtroppo la cosa t’è uscita malissimo (o magari te l’hanno fatta uscire così di proposito, io non lo so come funziona un concorso di bellezza, non so se oltre alle domande vi forniscono pure le risposte) e visto che oltre che santi, poeti, navigatori, allenatori di calcio, a quanto pare siamo anche un popolo di storici, ora chiunque pare avere qualcosa da dire.

Cara Miss Italia,

io disprezzo il concorso cui hai partecipato: lo trovo anacronistico e umiliante per le donne, esposte come al mercato, seminude, possibilmente mute, immobili o sgambettanti, pronte a farsi dare un voto.
Ma chi sono io per giudicare le centinaia di ragazze che si scannerebbero per avere quella corona in testa? Sono migliore di voi? Più intelligente? Più colta? Non lo so.

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So che ho altre priorità e in questo il tanto vituperato femminismo mi offre una bella mano. Ah, cara Miss, quanto bisogno abbiamo, ancora, di femminismo!

Io, dicevo, giudico il prodotto, non le partecipanti.

Quindi giudico un prodotto che vi offre in pasto al pubblico, che vi pone domande fintamente e studiatamente intelligenti e provocatorie col palese intento di mostrare a quel pubblico avido e cafone quanto siete sceme, quanto poco cervello c’è sotto la vostra bellezza, contornando il tutto con risatine e battute sessiste.

E che peraltro pone quelle stesse domande con una consecutio discutibile come quella usata da Amendola, che però non è stato linciato come te.
Evidentemente siamo un popolo di poeti, navigatori, allenatori, storici, ma ignorante delle regole della grammatica italiana.

Che poi, per quanto ne sappiamo, qualcuna di voi potrebbe essere un genio dell’astrofisica, una filologa classica, una violoncellista prodigiosa.

Ma non lo sapremo mai perché in quel contesto non è questo che conta.

Su quel palcoscenico dovete essere belle e un po’ sceme, dovete ridacchiare imbarazzate e non essere (o sembrare) capaci di fare un discorso di senso più o meno compiuto.

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Dovete mettere in mostra le vostre doti migliori per vendervi davanti a una giuria.
Dovete essere giudicate da altre persone per le tette, il punto vita, il culo, lo stacco di coscia.
E il tuo culo, scusami se mi permetto, cara Miss, è notevole.

Tutto questo, il costume, la scollatura, le prese in giro, fa parte delle regole del gioco.

Regole, peraltro, definite in un decalogo in undici punti (eh… poi sei tu quella ignorante) proprio qualche anno fa da Patrizia Mirigliani.

L’ipocrisia e la boria di chi mette la tua faccia felice a paragone con le nostre partigiane, con le donne uccise, torturate, stuprate nella seconda guerra mondiale, poi, mi stanno mandando fuori di testa.
Cos’è, una gara per far vedere quanto siamo ferrate/i sulle donne in guerra? Davvero? Si vuole forse scrivere un saggio breve da farti imparare a memoria per il prossimo spettacolo? E poi i vari “mia nonna”, “mia zia”, “la vicina di casa del cugino del fratello del pizzicagnolo all’angolo”. Anche basta, si sta rasentando, a mio modestissimo parere, il ridicolo.

Non mi risulta che il concorso di Miss Italia sia famoso per le prove culturali, no? E allora perché pretendere da te una cultura che nessuno mai, in quel luogo, ti ha chiesto di sfoggiare?

Siamo serie, si sentono atroci bestialità in luoghi ben più importanti di un concorso di bellezza e non mi pare di aver visto le stesse levate di scudi e di aver ascoltato le medesime lezioni di storia contemporanea in pillole.

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Hai detto una cazzata, cara Miss.

O meglio, hai provato a dire una cosa intelligente che però non sei stata capace di dire.

E in quel contesto andava bene così: lì era il tuo corpo a dover parlare per te. Hai fatto un sorrisone, ti si è rotta la voce e hai vinto. Bene così, non ti si chiedeva altro, in fondo: essere bella, la più bella d’Italia. Non era un esame di storia.

Sarebbe bello se invece che della gaffe di una diciottenne in costume da bagno si parlasse di quanto è triste che ci siano ancora concorsi come questo; di quanto sia deprimente pensare che in una donna sembri essere solo il corpo quello che conta; di quanto sia umiliante per tutte e tutti che una persona venga giudicata in base al suo aspetto fisico.

E invece no.

Non sia mai che la cosa destabilizzasse qualcuno…
Te la ricordi la cagnara che si è alzata quando (finalmente!) la Rai ha smesso di mandare in onda Miss Italia?

Perculare te è molto più facile che mettere in discussione un mondo intero, che in noi donne vede culi, tette, chili di troppo, peli superflui…

Lola.
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