Insulti ai rom: Borghezio condannato per diffamazione

L'europarlamentare della Lega Nord aveva criticato durante il programma radiofonico La Zanzara la visita di otto rom alla Camera

Insulti ai rom: Borghezio condannato per diffamazione
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27 Giugno 2015 - 11.50


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Niente assoluzione per Mario Morghezio che, nonostante il risarcimento extra alle comunità rom milanesi, è stato condannato a mille euro di multa per diffamazione con finalità di discriminazione razziale nonostante il ritiro della querela per le esternazioni contro i rom rilasciate l’8 aprile 2013 alla trasmissione La Zanzara di Radio24.

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Durante la trasmissione l’europarlamentare della Lega aveva criticato la visita di otto giovani rom alla Camera, invitati dalla presidente Laura Boldrini in occasione della Giornata internazionale dei rom dei sinti. Dopo averli definiti «facce di cazzo che qualche presidente della Camera riceve», aveva detto di sperare «che non portino via gli arredi della Camera» e parlando in generale aveva aggiunto che i rom «usano una certa cultura tecnologica nello scassinare gli alloggi della gente onesta», che «non tutti i rom sono ladri, ma molti ladri sono rom», che «i rom neanche si propongono di lavorare perché come l’acqua con l’olio i rom con il lavoro», per poi concludere: «Penso quello che pensano tutti: mano nella tasca del portafoglio per evitare che te lo portino via» .

Dopo le denunce e l’avvio dell’inchiesta, Borghezio aveva chiesto al Parlamento europeo il riconoscimento dell’immunità, il cui scopo è garantire la libertà del mandato. Ma la richiesta era stata rigettata dalla La Commissione affari giuridici del Parlamento europeo, che motivava il rigetto scrivendo che «le dichiarazioni fatte nell’intervista non avevano diretta e ovvia connessione con le attività parlamentari» e che comunque se anche tali dichiarazioni fossero state fatte durante una seduta parlamentare «avrebbero potuto generare sanzioni in base all’art. 153 del codice di procedura». Quindi a processo in corso, Borghezio aveva dichiarato: «Essendo pentito per la sgradevolezza di questo fatto non intendo limitarmi a un impegno risarcitorio ma mi rendo disponibile nella mia città a fare volontariato», ma poi il risarcimento si è tramutato nella corresponsione di alcune migliaia di euro con conseguente ritiro di querela.

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Oggi, tuttavia, i giudici della decima sezione penale hanno accolto la tesi del pubblico ministero Piero Basilone: in virtù dell’aggravante della finalità di odio etnico e razziale, il reato di diffamazione contestato all’imputato è perseguibile d’ufficio. Da quanto si evince dal dispositivo, il collegio presieduto dal giudice Maria Rosa Busacca ha inoltre accolto un’altra richiesta avanzata dallo stesso pm, ovvero l’assoluzione dell’imputato dall’accusa di violazione dell’articolo 3 della legge 654 del 1975 che punisce «con la reclusione sino a 3 anni chi diffonde idee fondate sulla superiorità o sull’odio etnico e razziale». Questo perché, ha sottolineato Basilone nella requisitoria, tale imputazione è assorbita dalla prima, in quanto l’articolo di legge prevede la punizione di chi diffonde tali idee «salvo che il fatto non costituisca più grave reato». Le motivazioni della sentenza saranno depositate tra novanta giorni.

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