“Suo figlio è troppo grave, non posso ospitarvi”: sono state più o meno queste le parole con cui, lunedì sera, sotto una pioggia torrenziale che batteva sulla capitale, il gestore di un B&B a pochi passa dalla basilica di San Pietro ha messo alla porta un bambino autistico di 7 anni e la sua famiglia. Parole come lame, per la freddezza con cui sono state pronunciate. Ma, soprattutto, per tutto quello che si portavano dietro: l’autismo qui non entra. Eppure, quella stanza, la famiglia di Ravenna l’aveva prenotata quattro mesi fa, insieme al day hospital al Bambin Gesù, in programma per martedì e mercoledì. Quel B&B, a pochi passi dall’ospedale, faceva proprio al caso loro e il gestore non aveva mosso obiezioni, quando con estremo scrupolo la mamma lo aveva informato dell’autismo del figlio. Forse, quei 250 euro per due notti erano un’occasione da non perdere, in tempi di crisi, anche a costo di qualche piccolo disturbo. Purché fosse piccolo, però: ma quando si è trovato davanti, il gestore, quel bambino così agitato, forse per le tante ore di viaggio e la lunga ricerca di un parcheggio, non ha esitato a mettere la famiglia alla porta.
Eppure, non era successo nulla di grave: “Solo, nel breve tragitto dall’auto al portone della struttura, mio figlio si è buttato per terra, con noi che cercavamo di convincerlo a rialzarsi. Ma non urlava, non picchiava nessuno. E’ agitato, ma non è aggressivo. E soprattutto – tiene a precisare la mamma – dorme dalle 9 di sera alla mattina successiva. Insomma, la notte non disturba affatto: di questo ho rassicurato anche il gestore, che però non ha voluto sentir ragioni. Era ovvio che non voleva ospitarci e non si è fatto scrupoli a metterci alla porta. Se non ci fosse stato mio cognato, lì con noi, avrei chiamato i carabinieri – assicura la mamma – Ma abbiamo preferito andare subito a casa sua, ad Ardea, dove ci sta ospitando da lunedì sera. Sconvolti per quel che era accaduto e molto addolorati”. “Il gestore si è giustificato dicendoci che non aveva capito che fosse così grave. Aveva paura, ci disse, che i condomini si lamentassero. Allora avrebbe dovuto chiamare i carabinieri e mandarci via – ci racconta ancora la mamma stamattina, mentre sta per iniziare la seconda visita al Bambin Gesù. “Quella di ieri – racconta – è stato un buco nell’acqua. Mio figlio era troppo agitato, anche per via della vicenda della sera precedente. E i medici non sono riusciti ad esaminarlo”.
Una vicenda da dimenticare? “No, piuttosto da raccontare: non bisogna perdere l’occasione per segnalare casi del genere – commenta Gianluca Nicoletti, giornalista e papà di Tommy, che dal neuropsichiatra del Bambin Gesù Luigi Mazzone ha raccolto la storia e l’ha rilanciata dal suo blog Miofiglioautistico – Una storia come questa, per niente isolata, testimonia che manca del tutto una cultura della disabilità non completamente visibile. Gli italiani pensano al disabile sulla carrozzella e per quello si ‘attrezzano’. Di fronte all’autistico, invece, ci si permette di dire che non si è ‘attrezzati’: ma che significa? E come può questo giustificare che una famiglia sia messa alla porta in un giorno di pioggia, con un bambino di 7 anni in quelle condizioni? Ci riempiamo di belle parole, accendiamo le luci il 2 aprile, ma piuttosto le organizzazioni di categoria dovrebbero attrezzarsi per informare e offrire un’accoglienza adeguata, non in sottomanicomi per autistici, ma in strutture preparate ad ospitarli. Non servono bollini blu, ma personale formato. Invece – conclude Nicoletti – il pazzo continua a far paura”.
E il caso di oggi non è certo isolato: è bastato inviare qualche mail ad altre strutture, chiedendo di prenotare una stanza per una famiglia con un bambino autistico, per ricevere risposte come questa: “Dovrebbe, per cortesia, dirmi in dettaglio in cosa consiste il problema di suo figlio. Se, per esempio, comincia a correre su e giù gli inquilini del piano di sotto salgono a lamentarsi (è già successo). Per me non c’è nessun problema, ma per onestà devo dirle che le persone del piano di sotto sono parecchio ostili e non vorrei che vi aggredissero se il bambino fosse un po’ turbolento”. O come questa: “Sfortunatamente per i giorni da Lei richiesti siamo al completo. Da esperienze avute, il mio consiglio e’ di affittare una piccola casa vacanza cosi’ sarete solamente voi tre e non ci saranno lamentele dagli altri clienti durante il vostro soggiorno e il bambino si sentirà più a proprio agio senza presenza di sconosciuti”. Tanti, semplicemente, negano di avere disponibilità per quel periodo, dal martedì al giovedì, tra oltre un mese: “nessun problema per il bimbo, ma siamo al completo”, assicurano.
Una mancanza di cultura diffusa, insomma, proprio tra coloro che, per mestiere e per definizione, dovrebbero accogliere. L’autismo fa paura, con le sue imprevedibili manifestazioni: l’autismo è un bambino che disturba i vicini interrompendone il sonno, è un ragazzo molesto che spaventa i vicini, è un piccolo pazzo che fa su e giù per le scale. “Quello che ci è accaduto è inaccettabile – conclude la mamma del bambino – È ora di finirla: i nostri figli non sono la merce avariata della società, anzi forse hanno la possibilità di arricchirla e farla crescere”. (cl)