L’Italia è pronta a mandare 5mila uomini in Libia, considerato il paese che da un punto di vista strategico rappresenta il più grande fattore di rischio per il nostro. Da un lato l’avanzata dei gruppi che si riconoscono nell’Isis, dall’altro i flussi migratori fuori controllo e il sospetto che anche questo canale possa essere in qualche modo funzionale ai gruppi jihadisti.
Così a distanza di due giorni sulla questione sono intervenutio il ministro degli esteri Paolo Gentiloni e quello della Difesa Pinotti. Segnali chiarissimi sul fatto che la pianificazione dell’intervento in Libia è già stata fatta.
Pinotti: pronti all’intervento. «L’Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell’area, europei e dell’Africa del Nord, per fermare l’avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l’Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente». Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervistata dal Messaggero, dice: «Ne discutiamo da mesi, ma ora l’intervento è diventato urgente». «Mezzi, composizione e regole d’ingaggio li decideremo con gli alleati in base allo spirito e al mandato della missione Onu», spiega. «In Libia, eliminato il tappo Gheddafi, le tensioni sottostanti sono esplose», aggiunge, e ora «bisogna fare come nei Balcani, dove per scongiurare la bonifica etnica abbiamo invitato decine di migliaia di uomini e abbiamo contingenti dopo vent’anni per stabilizzare territorio». Quanto al potenziale del Califfato, qualche mese erano stati stimati 25mila combattenti, ora secondo il ministro «potrebbero essere 30mila o anche più», e sugli armamenti ricorda «i momenti d’ombra» sulla sorte della armi di Gheddafi. Quindi il ministro precisa che «ogni decisione e passaggio verrà fatto in Parlamento. Giovedì il ministro Gentiloni fornirà informazioni e valutazioni».
Gentiloni: Italia in prima linea. «L’Italia combatte il terrorismo in prima linea nella coalizione anti Daesh sul piano militare, politico e culturale». Lo ha affermato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, intervenendo al convegno ‘Come cambia il mondo’ organizzato dal Pd a Roma per approfondire i diversi scenari globali e la proiezione internazionale del nostro Paese. «Abbiamo la totale consapevolezza che c’è uno Stato che ha consenso e un’organizzazione», ha aggiunto il titolare della Farnesina, riferendosi al sostegno che l’Is sta trovando in una parte delle popolazioni nei Paesi mediorientali e africani. «In Nigeria – ha ricordato Gentiloni – le elezioni presidenziali previste per oggi sono state rimandate perché nel nordest del Paese c’è il controllo di Boko Haram».
Sostegno anche da Malta. Malta è pronta ad offrire sostegno logistico in caso venga decisa una missione di peacekeeping dell’Onu in Libia. «Non abbiamo la capacità di impegnare truppe , ma stiamo esaminando la possibilità di offrire sostegno logistico», ha detto il primo ministro Joseph Muscat, citato dai quotidiani locali. Intanto le autorità di La Valletta hanno deciso nella notte la chiusura dell’ospedale maltese Saint James a Tripoli, di fronte all’aggravarsi della situazione. L’albergo Corinthia al centro dell’attacco terroristico che ha causato dieci morti due settimane fa a Tripoli è di proprietà maltese. Malta è lo stato dell’Unione Europea più vicino alla Libia.
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