Il Sinodo: no alle unioni gay ma niente discriminazioni
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Il Sinodo: no alle unioni gay ma niente discriminazioni

Non si sono analogie tra unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia.

Il Sinodo: no alle unioni gay ma niente discriminazioni
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26 Giugno 2014 - 17.02


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Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”. E’ quanto si legge nell’Instrumentum Laboris predisposto dal Sinodo dei vescovi in vista dell’assemblea straordinaria sulla famiglia convocata da Papa Francesco per ottobre a Roma e illustrato in Vaticano.

Nel documento si osserva che “il riconoscimento da parte della legge civile delle unioni fra persone dello stesso sesso dipende in buona parte dal contesto socio-culturale, religioso e politico”. Infatti, si segnalano tre contesti: “un primo è quello in cui prevale un atteggiamento repressivo e penalizzante nei confronti del fenomeno dell’omosessualità in tutte le sue sfaccettature. Questo vale in particolare là dove la manifestazione pubblica dell’omosessualità è vietata dalla legge civile”. Poi, “un secondo contesto è quello in cui il fenomeno dell’omosessualità presenta una situazione fluida. Il comportamento omosessuale non viene punito, ma tollerato solo fin quando non diventa visibile o pubblico. In questo contesto, di solito, non esiste una legislazione civile riguardo alle unioni tra persone dello stesso sesso”. Infine, “un terzo contesto è quello in cui gli Stati hanno introdotto una legislazione che riconosce le unioni civili o i matrimoni tra persone omosessuali”.

Una strada individuale per arrivare ai sacramenti è quella prescelta dai cattolici divorziati e risposati, per ricevere la comunione che la Chiesa finora vieta loro. “Prevale la tendenza a risolvere la questione attraverso qualche sacerdote che accondiscenda alla richiesta di accesso ai sacramenti”. E viene messa in evidenza “necessità di porre più attenzione ai separati e ai divorziati non risposati fedeli al vincolo nuziale”. “Sembra che costoro spesso debbano aggiungere alla sofferenza del fallimento matrimoniale quella di non essere considerati convenientemente dalla Chiesa e pertanto di venire trascurati”. Inoltre, si fa presente “l’importanza di verificare l’eventuale nullità matrimoniale con particolare cura da parte dei pastori, al fine di non introdurre cause senza attento discernimento”. In questo contesto, si trovano richieste di “promuovere maggiormente una pastorale della riconciliazione, che si faccia carico delle possibilità di riunire i coniugi separati”. E si fa notare che “l’accettazione coraggiosa della condizione di separati rimasti fedeli al vincolo, segnata da sofferenza e solitudine, costituisce una grande testimonianza cristiana”.

“Da parte della società manca un’attenzione nei confronti dei figli di separati e divorziati – si sottolinea nel documento – Su di essi ricade il peso dei conflitti matrimoniali, di cui la Chiesa è chiamata a prendersi cura. Anche i genitori dei divorziati, che soffrono le conseguenze della rottura del matrimonio e spesso devono supplire ai disagi della situazione di questi figli, devono essere sostenuti da parte della Chiesa. Inoltre, “un’attenzione particolare va data alle ragazze madri che non hanno marito e si prendono cura da sole dei figli. La loro condizione è spesso il risultato di storie molto sofferte, non di rado di abbandono. Vanno ammirati anzitutto l’amore e il coraggio con cui hanno accolto la vita concepita nel loro grembo e con cui provvedono alla crescita e all’educazione dei loro figli. Da parte della società civile, esse meritano un sostegno speciale, che tenga conto dei tanti sacrifici che affrontano”.

Il documento rileva “le difficoltà a recepire il messaggio della Chiesa sull’amore fecondo tra l’uomo e la donna”, in relazione al “grande divario tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile, soprattutto nelle aree geografiche maggiormente segnate dalla secolarizzazione”. Soprattutto, si evidenziano “le differenze sostanziali tra una visione cristiana della vita e della sessualità e una impostazione fortemente secolarizzata” e si osserva “ il travaglio dell’uomo contemporaneo intorno al tema degli affetti, della generazione della vita, della reciprocità tra l’uomo e la donna, della paternità e della maternità”. Riportando “l’impressione che per parecchi cattolici il concetto di paternità e maternità responsabile inglobi la responsabilità condivisa di scegliere in coscienza il metodo più adeguato per la regolazione delle nascite”.

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