Priebke, il tuo nome resti ai posteri a perpetua vergogna

Io spero che per tutta la sua lunga vita sia stato tormentato dalle immagini dei 335 uomini che cadevano, uno per uno, sotto il colpo di una sola pallottola alla nuca.

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Giancarlo Governi Modifica articolo

11 Ottobre 2013 - 16.56


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La notizia della morte di Priebke (un cognome che serve soltanto per la identificazione anagrafica, senza un nome che lo connoti in maniera particolare, come è diritto di ogni essere umano) è stata accolta con gioia da tutti gli uomini liberi. In rete si leggono commenti tipo “era ora… grande notizia …” e via di seguito.
Non è bello gioire per la morte di un essere umano ma per questo individuo ritengo sia giusto fare una eccezione, anche perché stava scontando l’ergastolo da venti anni in un dignitoso appartamento di un quartiere di Roma, dove era assistito e aveva la possibilità anche di farsi le sue passeggiate accompagnato da una scorta di sorveglianza. E tutto questo a carico del popolo italiano, che lui aveva così gravemente offeso con i suoi delitti. In questa condizione era riuscito a raggiungere il secolo e a godere dei festeggiamenti di quattro sciagurati neonazisti.
Venti anni fa un bravo giornalista, Franco Giustolisi, scoprì in un armadio polveroso e inchiavardato del ministero della Difesa i fascicoli riguardanti le stragi della popolazione civile perpetrate dai nazisti in Italia durante la seconda guerra mondiale, in cui caddero vittime trentamila italiani innocenti, vecchi donne, bambini qualcuno addirittura infante. Di queste stragi sono venute alla luce soltanto quelle più eclatanti, come Marzabotto, Sant’Anna di
Stazzema, le Fosse Ardeatine e poche altre, mentre più di mille furono tenute nascoste per non turbare il ritorno della Germania alla normalità democratica e il suo recupero e inserimento nella alleanza atlantica.
Ma negli anni successivi, anche la democratica Germania che ancora evidentemente non è stata capace di fare i conti con il suo passato, ha fatto orecchie da mercante alle richieste di giustizia che venivano dai tribunali della amica Italia. Per cui pochi criminali nazisti hanno scontato la giusta pena in Italia, tra questi proprio il boia delle Fosse Ardeatine Priebke che fu catturato nel 1994 in Argentina dall’organizzazione di Simon Wiesenthal e istradato da noi.
Dice: i morti sono tutti eguali, è vero. Però da vivi non furono eguali e non
tutti meritano il rimpianto dei vivi e i loro onori. Anche l’insegnamento di Cristo ci porterebbe verso il perdono, ma è lo stesso Cristo che ha stabilito che premessa al perdono deve essere il pentimento. E Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine non si pentì mai ma rimase per tutta la vita legato alla falsa giustificazione di un dovere militare compiuto.
Io spero che per tutta la sua lunga vita sia stato tormentato dalle immagini dei 335 uomini che cadevano, uno per uno, sotto il colpo di una sola pallottola alla nuca. In quella tragica
notte di quasi settanta anni fa. Soldato Priebke, che la terra non ti sia lieve
e che il tuo nome, anzi il tuo cognome, rimanga ai posteri a perpetua vergogna.

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