È morto Priebke, il boia delle Ardeatine
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È morto Priebke, il boia delle Ardeatine

È morto all'età di 100 anni, appena compiuti. Qualche giorno fa aveva tentato maldestramente di giustificarsi sull'eccidio: «Per noi fu terribile».

È morto Priebke, il boia delle Ardeatine
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11 Ottobre 2013 - 14.52


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L’ex ufficiale delle Ss Erich Priebke è morto oggi all’età di 100 anni. Ne ha dato notizia il suo legale Paolo Giachini insultando ancora una volta la dignità e la sensibilità degli italiani: “La dignità con cui ha sopportato la sua persecuzione ne fanno un esempio di coraggio, coerenza e lealtà”, ha avuto la sfrontatezza di affermare.

Priebke viveva agli arresti domiciliari nella Capitale dopo essere stato condannato all’ergastolo nel 1998 per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, dove 335 civili furono uccisi per rappresaglia dai nazisti nel marzo 1944. “Il suo ultimo lascito – ha scritto il legale – è una intervista scritta e un video, testamento umano e politico”. Una vergogna che prosegue fin dopo la morte e alla quale è ora di dire basta.

Pochi giorni fa l’ex ufficiale nazista, in un’intervista poi smentita, aveva raccontato nuovi dettagli sull’eccidio del 1944. “Kappler disse che gli ufficiali dovevano sparare per primi, ma uno non voleva sparare”, ha spiegato, “allora Kappler gli disse: ascolta bene, se tu non spari, dobbiamo fucilarti, chiaro? Allora a malincuore anche quello sparo’ e Kappler osservò che era stata ristabilita la disciplina”. “A quel punto abbiamo dovuto sparare di nuovo tutti”, ha rievocato.

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Priebke aveva spiegato di non sentirsi più legato al nazismo “una volta finita, è finita, sono del tutto libero da convinzioni politiche” ma contrario a qualsiasi forma di dittatura “di destra o di sinistra, poiché c’è sempre qualcuno a soffrirne”.

Quando gli è stato chiesto se rimpiangesse qualcosa nel corso della sua vita centenaria e se avrebbe voluto che le cose fossero andate diversamente, Priebke ha spiegato: “Mah, non avevo scelta. La mia vita è andata così. Sono convinto che il Signore, se c’è, guida ogni persona così come vive. Nessuno è mai tornato dall’aldilà e ce lo ha raccontato. Non sappiamo se Dio esiste, non sappiamo se esistono il Cielo e l’inferno”.

La Sueddeutsche aveva scritto che sulla porta d’ingresso dell’abitazione di Priebke non c’era nessun nome, ma la scritta a mano “Vae victis”, guai ai vinti, con l’ultimo criminale nazista ancora in vita che parla bene degli agenti che sorvegliano costantemente la sua casa e che lo seguono nelle sue uscite a passeggio. “Sono tutti amici, persone davvero gentili”.

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Nel 1994 si era trasferito con tutta la famiglia a San Carlos de Bariloche, in mezzo alle Ande argentine. Trova la prosperità, possiede una clinica privata. La mattina del 12 maggio una troupe americana lo fermò per la strada. “È lei Erich Priebke?”, chiede Sam Donaldson della Abc. “Sì”, risponde lui. È il momento dei conti con la storia. Il doppio processo in Italia si concluse con la condanna ad una lunga pena detentiva, da scontare agli arresti domiciliari. Lui vienne ospitato sulle prime in un convento, poi il suo procuratore lo porta a casa sua, in un piccolo appartamento di un quartiere romano. Era la metà di un dicembre di qualche anno fa. I vicini di casa lo accolsero con uno striscione sulla facciata del palazzo: “Buon Natale, assassino”.

Leggi [url”qui”]http://www.difesa.it/GiustiziaMilitare/RassegnaGM/Processi/Priebke_Erich/Pagine/15_sentenza_16-11-98.aspx[/url] la Sentenza della Corte Suprema di Cassazione che lo ha condannato all’ergastolo.

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