Favorì la Camorra: chiesti 4 anni per l'ex capo della mobile di Napoli
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Favorì la Camorra: chiesti 4 anni per l'ex capo della mobile di Napoli

Vittorio Pisani è stato accusato di favoreggiamento personale e abuso in atti d'ufficio. Il pm: ha mentito e ha offeso il tribunale, ritenendolo poco intelligente.

Favorì la Camorra: chiesti 4 anni per l'ex capo della mobile di Napoli
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1 Ottobre 2013 - 15.06


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Favoreggiamento personale e abuso in atti d’ufficio. Per queste due accuse la Procura di Napoli ha chiesto quattro anni di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici per Vittorio Pisani, ex capo della Squadra Mobile. La requisitoria in un’aula blindata. A decidere sarà la settima sezione penale, collegio C, del Tribunale di Napoli. Secondo l’accusa, il funzionario della polizia informò l’imprenditore Marco Iorio, anche lui sotto processo, di due esposti anonimi giunti in Questura, secondo i quali il poliziotto aveva acquistato una casa nel quartiere Vomero con denaro in parte fornito dall’imprenditore, aveva dato all’amico suggerimenti per trasferire soldi in Svizzera.

Per il pm Sergio Amato, Pisani «ha mentito e ha offeso il tribunale, ritenendolo poco intelligente. Dobbiamo valutare le prove che abbiamo raccolto noi ma anche quelle che lo stesso Pisani ha prodotto, comprendere se le annotazioni che ha prodotto siano vere o no». Ed ancora: «quando il procuratore Lepore (Giovandomenico, ex capo dell’ufficio giudiziario partenopeo, ndr.) gli ha affidato la gestione di una indagine sugli esposti anonimi, ha tradito la fiducia del procuratore della Repubblica».

L’indagine da cui è scaturito il processo prese le mosse dal ‘pentimento’ di uno dei confidenti dell’ex capo della Mobile, il boss Salvatore Lo Russo. E fu la Direzione investigativa antimafia a scoprire un giro di usura e riciclaggio del denaro dei clan in ristoranti, pub e bar concentrati sul lungomare di Napoli ma anche a Caserta, Genova e Roma. Accuse mosse nei confronti dell’imprenditore Marco Iorio, per il quale la Procura di ha chiesto 13 anni di reclusione; e a Bruno Potenza, figlio di Mario, usuraio e contrabbandiere, legato al clan Mazzarella, defunto durante le indagini, per il quale sono stai chiesti 18 anni di carcere. I Potenza avevano soldi da investire grazie alla loro attività di usura per i quali sono sotto processo in un’altra sezione del tribunale. Durante l’inchiesta, in una intercapedine di una parete dell’abitazione di Mario Potenza furono trovati diversi milioni di euro.

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