La componente di una microspia accanto alla porta di servizio dalla quale entra il Procuratore é l’ultimo episodio di una catena di fatti che conferma quanto sia allarmante il clima che si respira attorno ai magistrati di Trapani.
Obiettivi delle intimidazioni e delle minacce, ancora una volta, il procuratore Viola e il sostituto Andrea Tarondo. Chi ha messo la componente della microspia (per essere chiari, non é di quelle in dotazione degli investigatori, magari smarrita) ha voluto mandare un messaggio inequivocabile: possiamo arrivare dove vogliamo, quando vogliamo, abbiamo uomini “talpa” che si muovono in libertà al Palazzo di Giustizia, e se vogliamo possiamo “alzare il tiro”.
L’episodio é di dieci giorni fa, ci sarebbe stata una telecamera, ma questa funziona a ciclo continuo, Quando finisce il nastro, si riavvolge e riprende a registrare, ma cancellando le vecchie immagini.Chi ha lasciato quella componente di microspia sapeva anche questo. E per arrivare dove é arrivato, era un interno, non uno del pubblico, perché il pubblico entra negli uffici dall’ingresso centrale, non può da quello di servizio.
Viola é il magistrato al centro di uno strano episodio dell’aprile del 2012, quando l’auto del procuratore fu seguita a lungo, e ad alta velocità, da un auto, nel tratto di autostrada che da Trapani porta all’aeroporto Falcone-Borsellino. Si scoprì dopo che ad”inseguire” il magistrato erano stati due imprenditori trapanesi. “Correvamo per non perdere l’aereo…”, dissero.
Versione che non convinse, ma non c’erano altri elementi per smentire quella versione e si dovette prendere per buona. Poi, minacce, il proiettile di una calibro 9. Nella parete dell’ascensore del palazzo dove abita Viola un giorno si scoprì anche una scritta: “Viola deve morire!”. E per il suo sostituto, un altro avviso: “Torondo, la tua ora é arrivata!”. Poi, ancora, altri segnali, come quello dell’ottobre dello scorso anno quando si scoprì che qualcuno aveva messo le mani nell’auto del procuratore, nel tentativo di inserire una microspia, o, forse, per riprendere una microspia già inserita. Accanto alle minacce, gli avvertimenti amici, anonimi: “È arrivata qualcosa per lei”. Qualcuno mandava a dire al procuratore Viola di stare attento. come fu fatto con Borsellino, che sapeva dell’esplosivo arrivato per lui.
Trapani é una bomba ad orologeria, i magistrati hanno tra le mani inchieste scottanti, come quella per mafia che coinvolge il potente D’Alì, già sottosegretario all’Interno, un paio di giorni fa ( [url”vedi l’articolo di Globalist”]http://www.globalist.es/Detail_News_Display?ID=49226&typeb=0&Mafia-il-prete-amico-parla-e-mette-nei-guai-il-potente-D-Ali[/url] ) messo nei guai da un amico prete, prima fidatissimo e messo a parte di”relazioni pericolose”, ora”traditore”loquace. E lunedì sarà una giornata decisiva al Palazzo di Giustizia per il potente uomo politico trapanese.
Trapani é un eterno intreccio di mafia, politica, imprenditoria, massoneria e servizi deviati. Pure la Chiesa é stata coinvolta in affari poco chiari, il vescovo Francesco Micciché é stato “destituito”.
Una storia soldi e di fondazioni. C’é da giurare che anche grazie a questo intreccio é stato possibile che Matteo Messina Denaro, numero uno nella lista dei latitanti di Cosa Nostra, resti ancora uccel di bosco. Matteo Messina Denaro libero, e in zona, a comandare, assegnare appalti e “fare giustizia”, e Giuseppe Linares, bravissimo investigatore, instancabile “cacciatore” di Messina.
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