Mense, Alemanno allunga il km zero a danno dei bambini
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Mense, Alemanno allunga il km zero a danno dei bambini

Il bando per la refezione aumenta i prezzi e cancella i cibi biologici dal menu di 150mila allievi. Genitori in lotta per un controbando [Checchino Antonini]

Mense, Alemanno allunga il km zero a danno dei bambini
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11 Aprile 2013 - 18.09


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di Checchino Antonini

Una pesante ipoteca di Alemanno pende sul sistema della refezione scolastica delle scuole romane. Negli scampoli di consiliatura, il sindaco sta cercando di imporre un nuovo illegittimo Bando che, per i prossimi 5 anni, assicurerà costi maggiori e servizio peggiore per i bambini delle elementari e delle materne. I genitori, infatti, reclamano per il taglio dei prodotti biologici. Molti prodotti di consumo corrente, pasta, olio, salsa di pomodori verranno sostituiti con prodotti provenienti dall’agricoltura industriale. I comitati di genitori controbattono lanciando un controbando e una campagna di autoriduzione. «Si vorrebbe lasciare un’eredità pesante alla prossima amministrazione della città. Si tratta di un affare enorme, una delle principali voci del bilancio comunale quantificato in oltre 440 milioni di euro per fornire pasti quotidianamente a circa 140.000 bambini e bambine. Il Capitolato previsto dalla gara d’appalto prevede una serie di provvedimenti destinati ad abbassare enormemente la qualità del servizio a fronte di un aumento dei costi per i cittadini: questo arretramento clamoroso nella qualità dei servizi pubblici per le scuole del comune è quindi un chiaro esempio di malamministrazione». Secondo i genitori che hanno manifestato con una spaghettata-presidio sotto il Campidoglio e, stamattina, hanno atteso sindaco e assessore De Palo in una scuola di Torbellamonaca, «la scelta fa parte del più generale processo di attacco alla scuola pubblica, dettato da politiche di tagli ai servizi e finalizzato a generare opportunità di profitto all’interno del settore pubblico».

«I nostri bambini – spiega l’Osservatorio popolare sull’alimentazione dei bambini e delle bambine di Roma,
soddisfano a scuola più del 50% del loro fabbisogno nutrizionale; i recenti progetti di ricerca confermano che i prodotti dell’agricoltura biologica, regolati da una precisa normativa comunitaria e nazionale, sono più sicuri dal punto di vista igienico-sanitario e sono più nutrienti e salutari perchè privi di prodotti chimici i cui residui nocivi si accumulano nel corpo, in particolare nei bambini il cui metabolismo non è in grado di espellere tali sostanze».

Inoltre la legge n. 488/99 prevede l’utilizzo quotidiano di “prodotti biologici, tipici e tradizionali” nei menù delle mense pubbliche dei comuni e degli ospedali.

Le mense autogestite (che nei fatti in autonomia non gestiscono quasi niente, ma offrono al Comune un “servizio-cassa” con il proprio personale), oltre a subire il peggioramento come tutte le altre scuole, dovranno utilizzare buona parte dei fondi in giacenza per pubblicizzare il proprio mini-bando di gara. In generale, aumenterà il costo di pasti e tariffe per l’incidenza di costosissimi controlli burocratici e logistici «di efficacia assai dubbia e solo formali», secondo l’Osservatorio.
Un bando tutto da bloccare anche perché elimina gli investimenti nell’edilizia scolastica che ora sono a carico delle aziende appaltatrici e cancella le iniziative sull’educazione alimentare. Pranzare a scuola rappresenta uno dei momenti pedagogici di maggior importanza nella giornata: «richiede tempo, attenzione e cura, non è solo il “riempirsi la pancia”, il mangiare è un fatto culturale».

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Roma, prima di Alemanno, almeno su quest era diventata l’avanguardia in Italia grazie alle mobilitazioni dei genitori. Gran parte dei cibi attualmente consumati nelle scuole sono prodotti con le tecniche dell’agricoltura biologica e certificati da enti accreditati dal Ministero dell’Agricoltura.

L’arrivo di Alemanno, già, nel 2010 ha determinato il peggioramento della qualità di alcuni alimenti (burro, riso e parmigiano da biologici ad industriali, maiale al posto di coniglio, ecc.) ed il contestuale aumento delle tariffe a carico delle famiglie che ha fatto lievitare il contributo a carico dei cittadini dal 40% all’80% del costo totale del pasto.

Col nuovo bando peggiora la qualità reale del cibo attraverso l’eliminazione di alimenti biologici caratterizzanti la dieta mediterranea – pasta, olio d’oliva e pomodori – sostituendoli con analoghi alimenti provenienti dall’agricoltura industriale; il “chilometro zero” che in realtà si allarga fino a 300 km dal Campidoglio (gli alimenti potranno provenire indifferentemente da Battipaglia a Livorno, basta solo che non siano biologici), è inspiegabilmente messo in alternativa al biologico e alla qualità, vanificando i possibili effetti positivi di una tale scelta, cancella il preesistente obbligo per le ditte aggiudicatarie di operare investimenti nell’edilizia scolastica, che rappresentava un significativo beneficio per l’intera collettività, soprattutto in una fase di disimpegno da parte delle istituzioni in tal senso; dà centralità a costosissimi controlli burocratici e logistici di efficacia assai dubbia e solo formali per via dei quali si aumenta il costo delle tariffe, a danno di un gran numero di famiglie già taglieggiate dalla crisi; infine elimina dalle scuole l’educazione alimentare, peraltro scarsamente realizzata finora, opportunità formativa assai importante per bambini ed educatori.

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L’Italia ha un paio di primati non invidiabili: la mortalità tra i paesi occidentali a causa di tumori infantili: e l’obesità infantile. «La causa principale delle neoplasie infantili sta nella diffusione capillare in aria, acqua e cibi delle molecole di sintesi», ha scritto Ernesto Burgio, coordinatore scientifico dell’Isde, International Society of Doctors for the Environment. E ormai la normativa europea impone anche all’Italia di accettare la presenza di Ogm.

E’ dunque in un clima di scandali alimentari (feci di topo in alimenti a Roma (23 febbraio), tortellini ripieni con carne di cavallo contenente droghe, insalata col veleno dall’Italia in Germania (8 marzo), carne avariata sequestrata dai NAS a Milano e a Palermo (9 marzo), cinghiali radioattivi in Piemonte, Capesante al cadmio in veneto, intossicati in Danimarca, carne avariata in Polonia) che la Giunta Alemanno insiste con le sue politiche di enfatizzazione degli interessi privato nella gestione del pubblico.

A dicembre scorso il bando ha ricevuto una sonora bocciatura su molti aspetti importanti da parte dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici che ha emesso un parere negativo a seguito di un ricorso promosso da alcune ditte partecipanti al bando stesso. Cosa farà il Campidoglio? Sospenderà la procedura o deciderà di infischiarsene procedendo con un bando illegittimo?

Ma la protesta dei genitori e l’Osservatorio ha in mente un vero controbando che, oltre a bloccare le procedure in corso, attivi da subito un percorso partecipato che coinvolga tutti i soggetti interessati, nel quale i cittadini concorrano con potere decisionale (e non solo consultivo) all’elaborazione di un nuovo bando con relativo capitolato tutelando la qualità dei cibi e rispettando i principi di una sana alimentazione nella stesura dei menu.

Il Comune di Roma è conduttore di tre aziende agricole biologiche certificate che ricadono nella campagna romana ed hanno un’estensione complessiva di circa 2400 ettari, a cui si aggiunge un’azienda di 240 ettari di sua proprietà a Città della Pieve in Umbria. Il Comune produce in proprio carne e latticini biologici e potrebbe pertanto auto approvvigionarsi – per lo meno in parte – per le proprie mense scolastiche ed invece né la carne né i latticini che fornisce ai bambini sono biologici. Stessa situazione per l’olio d’oliva che oggi si vuole comprare da produttori che liberamente utilizzano insetticidi e sostanze chimiche mentre si possiedono 30 ettari (+ 1300 piante) di oliveto. Tutte queste risorse sono talmente sottoutilizzate che le aziende dipendono dai fondi del bilancio comunale.

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Se il Comune di Roma facesse la scelta strategica di mettere realmente in produzione questo inestimabile bene pubblico, potrebbe essere il primo fornitore di se stesso generando un circolo virtuoso eticamente, politicamente ed economicamente. Si potrebbe dare lavoro a numerose persone e si produrrebbero alimenti biologici in loco, su terreni e in aziende a gestione pubblica, eliminando costi d’intermediazione ed abbassando notevolmente i costi e mettendo a reddito collettivo un bene comune di tutta la città. Ma forse non è questo l’obiettivo di Alemanno.

Particolaremente odioso il sistema di tariffazione, già raddoppiato e segnato dall’appropriazione indebita dei contributi per i pasti non erogati versati dalle famiglie anche quando i bambini sono assenti. In media, i pasti non erogati per utente sono 30 quindi più di una mensilità, che in base alla fascia ISEE rappresentano un contributo da 40 a 100 € annui per utente. Moltiplicate per 150mila utenti esce fuori una truffa che avviene solo a Roma, mentre nel resto di Italia la tariffa a carico dei genitori è calcolata in base ai pasti realmente consumati. «A Roma abbiamo le tasse comunali tra le più alte d’Italia e continuamente si moltiplicano le richieste di finanziamento della scuola pubblica da parte delle famiglie mentre se ne peggiora la qualità complessiva – conclude l’Osservatorio – se il bando non verrà immediatamente bloccato daremo vita ad una campagna di autoriduzione delle rette in tutta la città!»

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