Al peggio non c'è mai fine
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Al peggio non c'è mai fine

Ogni volta che diciamo "ora basta perché abbiamo toccato il fondo" ecco arriva la mazzata finale.[Gisa Dessì]

Al peggio non c'è mai fine
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24 Marzo 2013 - 17.37


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di Gisa Dessì, insegnante della scuola pubblica

È proprio il caso di dirlo: al peggio non c’è mai fine. Ogni volta che diciamo “ora basta perché abbiamo toccato il fondo” ecco arriva la mazzata finale; finale si fa per dire perché sicuramente a quella finale ne seguirà un’altra e poi un’altra ancora.

Andranno avanti così, impunemente, fino a che, forse, non rimarrà più nulla da salvare della scuola. In questi ultimi 5 anni abbiamo assistito ad un sistematico e chirurgico smantellamento della scuola pubblica. Il Ministro Gelmini le ha negato 8 miliardi, guarda caso la cifra finanziata per la TAV, con drastiche conseguenze: riduzione del personale docente (87.000 posti in meno) e creazione di classi “pollaio” fino a 25 nella scuola secondaria di I grado, e 30 in quella di II grado. Tutto questo al grido di “L’Italia dev’essere competitiva con una scuola di qualità”. Perché per giustificare i tagli alla scuola si è sempre parlato di buone intenzioni e di buone intenzioni, si sa, sono lastricate le strade dell’inferno.

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Con il Ministro Profumo, tecnico della scuola, non è andata meglio. Non potevano accontentarsi di privare gli studenti di un diritto fondamentale sancito dalla nostra Costituzione che è il diritto alla studio, all’istruzione, a una formazione adeguata… no… il colpo di coda colpisce l’insegnante, come categoria, come professione. Prima con un Concorsone truffa costato alle casse dello Stato la bellezza di circa 150 milioni di euri (ma non eravamo in crisi?) inutile dal momento che la contrazione delle classi ha determinato un numero ingente di soprannumerari in diverse classi di concorso e le graduatorie ad esaurimento, che traboccano di precari, non sono affatto esaurite; poi con i TFA ordinario (nuovi precari in arrivo) e speciale, per chi insegna da più di tre anni (il cui superamento prevede un percorso ad ostacoli che consentirà, alla fine, l’acquisizione dell’abilitazione, se non si è troppo stanchi e non si molla prima); e ora la ciliegina sulla torta: il decreto su una possibile sperimentazione sulle scuole statali volta a diminuire di un anno il percorso degli studenti; ancora una volta si parla di migliorare l’offerta formativa con l’ampliamento dei servizi di istruzione e formazione ma ancora una volta la parola d’ordine è “risparmio”. Per migliorare l’offerta formativa non basta anticipare l’ingresso a scuola a 5 anni (privando i bambini di un anno d’infanzia) e maturandoli a 18; per migliorare la scuola vanno fatti piani di investimento e non tagli che consentiranno, ancora una volta, la riduzione dell’organico (però si fanno i concorsi e i TFA non si sa bene per quali posti).

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Ma non è finita qui: la stilettata in pieno petto alla categoria arriva con il decreto per i “Docenti inidonei e gli ITP (Insegnanti tecnico pratici)”: personale che all’età di 50/60 anni dovrà reinventarsi una professione in quanto non potrà, per diversi motivi, esercitare la propria. Sono persone che con la ventilata mobilità intercompartimentale si ritroveranno a svolgere una mansione per la quale non hanno studiato; sono persone spesso con seri problemi di salute che verranno utilizzati come ruote di scorta in un sistema che è ormai al collasso; sono persone. La stessa presidente della Camera ha avuto parole dure nei confronti di questo decreto, perché non si può dare un prezzo a tutto e valore a nulla. Non si può, in nome del risparmio e della crisi, presentare di continuo il conto alla scuola; non si deve. Quando la politica perde il suo lato umano, ecco allora forse siamo arrivati al peggio, e forse anche alla fine.

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