«Mai parallelismo è stato usato in modo più improprio e ingiustificato: la condanna di Galileo Galilei non ha nulla a che vedere con la sentenza che ha giustamente e duramente condannato la Commissione Grandi Rischi per aver rassicurato i cittadini aquilani sul fatto che un terremoto non ci sarebbe stato».
Così il rettore dell’Università dell’Aquila Ferdinando di Orio apre una sua riflessione trasmessa alla stampa intervenendo sulla sentenza del Tribunale dell’Aquila.
«Il paradosso – commenta – è che, a seguito della sentenza, si voglia tornare, con la motivazione di venire in soccorso agli scienziati, a metterli in realtà sotto tutela, condizionandone l’autonoma libertà di ricerca. Questo sì sarebbe un ritorno ai tempi del processo a Galileo! Ciò non vuol dire che gli scienziati non abbiano e non debbano avere responsabilità».
«Ogni equiparazione è assolutamente arbitraria – spiega il rettore in un altro passo della sua nota -. Ho letto molte dichiarazioni, oltre a quella del ministro Clini, che sostengono questa tesi e trovo la cosa sconcertante quando viene da uomini di scienza. Comunico, inoltre, il mio dissenso rispetto all’intervento dei rettori europei riportato oggi dalla stampa. Sarebbe il caso che si rendessero conto di ciò che abbiamo vissuto all’Aquila nel complesso intreccio fra comunicazione/propaganda e gestione politica».
«Nel ricordare quanto sta emergendo dai contenuti delle intercettazioni telefoniche, vorrei sottolineare – prosegue il rettore – quanto sia stato fuori luogo il paragone con il processo a Galileo. Che lo abbia ripreso il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, è ancora più grave, soprattutto quando afferma che non si può chiedere a tecnici e scienziati di assumersi una responsabilità che dovrebbe essere amministrativa e della politica e che è cosa totalmente assurda attribuire a una valutazione scientifica un valore ordinativo».
«Ancora più sorprendente, forse – aggiunge Di Orio – la dichiarazione del nuovo capo della Protezione civile, l’ex-Prefetto dell’Aquila Franco Gabrielli, che ha auspicato l’approvazione di una norma che tuteli il mondo della scienza, affrontando il tema della soglia di responsabilità di chi si occupa di settori connotati da grande incertezza».
Ma, insiste Di Orio, «è proprio l’idea di una scienza posta sotto tutela da norme o istituti esterni, che ne vaglino e classifichino presunte soglie di responsabilità, a richiamare il processo a Galile».
«Le dinamiche e i conflitti interni alla Commissione Grandi Rischi, tra scienziati, politici e membri della Protezione Civile – dichiara tra l’altro il rettore dell’ateneo aquilano -, dimostrano quanto sia pericoloso condizionare la scienza con categorie politiche e tecnico-amministrative».
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