Chi erano i complici del corvo? Chi ha aiutato e favorito la diffusione dei documenti segreti della Santa Sede all’esterno dei palazzi vaticani? Per ora, su questo punto decisivo, le indagini condotte dalla Gendarmeria non hanno prodotto alcun risultato visibile; resta il muro di omissis con il quale sono stati coperti i nomi dei testimoni nella requisitoria e nel rinvio a giudizio. Eppure non tutti, Oltretevere, pensano che il 46enne Paolo Gabriele abbia sbagliato a diffondere all’esterno le carte conservate nell’appartamento di Ratzinger. Tuttavia per comprendere meglio la vicenda bisogna avvicinarsi di più al profilo di questo strano personaggio, l’assistente di camera del Papa che, a partire dal 2006, è stato uno degli uomini più vicini in assoluto a Benedetto XVI.
Uno dei testimoni chiave viene chiamato ‘B’ nelle carte processuali. E’ il confessore di Gabriele, il ‘padre spirituale’, è a lui oltre che al giornalista Gianluigi Nuzzi, autore del libro “Sua Santità”, che il maggiordomo del Papa consegna i documenti riservati. Un sacerdote dunque. Il quale ricevuta fra il febbraio e il marzo del 2012 “una cassa con lo stemma pontificio” piena di carte, se le tiene qualche giorno – proprio così – e poi le brucia “perché frutto di attività non legittima e non onesta”. Chi è allora questo misterioso prete? Alcune fonti lo identificano in monsignor Jozef Bart, 54 anni, rettore polacco della Chiesa di Santo Spirito in Sassia, che è anche sede del santuario della Divina misericordia, il culto più caro a Giovanni Paolo II. Non solo: la Chiesa – a poche centinaia di metri dal San Pietro e dietro via della Conciliazione – è una sorta di reliquario e di luogo di culto popolare dedicato a Wojtyla.
Ma perché si parla monsignor Bart? Il fatto è che Gabriele è un assiduo frequentare da molti anni della Chiesa in questione. La Santa Sede però smentisce tutto: “l’ identificazione con il teste ‘padre spirituale’ di Gabriele con monsignor Bart è errata – dice padre Federico Lombardi portavoce vaticano, al Secolo XIX – è errata. Si tratta di un altro sacerdote”. “Non mi risultano finora nei suoi confronti – aggiunge – addebiti di violazione di obblighi a cui fosse tenuto”. Eppure Gabriele ha un rapporto di lunga data con Santo Spirito e con lo stesso Bart. E’ quest’ultimo, ci confermano al santuario, “ad aver raccomandato Paolo Gabriele” ai piani alti dei sacri palazzi per compiti importanti e delicati. Inoltre alla Divina misericordia hanno una buona opinione del maggiordomo: “è senz’altro un uomo di grande fede, ha più fede di tanti altri. Ha frequentato a lungo Santo Spirito, partecipava alla vita della chiesa”. Il futuro assistente di Ratzinger era presente all’adorazione eucaristica e pregava, animava i canti e i gruppi che frequentavano Santo Spirito, spesso con la moglie. E poi il giudizio sorprendente su quanto è avvenuto: “ha agito per il bene della Chiesa, forse non è stato il modo giusto ma quando uno vede del male…”.
Il fatto è che visti gli scandali e i problemi che agitavano la barca di Pietro, Gabriele ha agito. “Voleva aiutare la Chiesa – dicono – certo avrebbe dovuto farlo con una preghiera incessante, scegliere un’altra strada”. Dunque dalle parti del Vaticano c’è chi pensa che Gabriele non avesse tutti i torti. L’ex maggiordomo, inoltre, “era molto legato a Wojtyla, ha avuto l’onore di vegliarne il feretro tutta la notte”. Il cordone con Santo Spirito non si è spezzato neanche dopo la recente tempesta: in queste settimane il fratellastro, la sorella la moglie con la figlia, continuano ad andare alla Divina misericordia.
Il rettore Bart, per la cronaca, fu nominato a quel posto dal cardinale Camillo Ruini. Ma Santo Spirito è tutta un ricordo di Wojtlya e anche del suo segretario, la cui presenza aleggia nelle targhe dorate, nelle immagini. Si tratta di quello Stanislaw Dziwisz che esercitò ampi poteri sotto il pontificato wojtyliano. Poi, appena eletto Benedetto XVI, Dziwisz fu nominato arcivescovo di Cracovia e spedito nella natìa Polonia dove ebbe anche il privilegio della porpora cardinalizia. C’è dunque anche un filo polacco in questa storia, che richiama tutto un mondo wojtylano, dentro e fuori Roma, che non ha gradito troppo la gestione ratzingeriana.