La povertà é fastidiosa, non vorremmo vederla, vorremmo negarne l’esistenza, come più tragicamente si riuscì a negare lo sterminio organizzato di parte dell’umanità. Vorremmo non sentirla la povertà, e quando capita che questa é pressante, può anche succedere che faccia rumore, che scuota il sonno, se non la mente o il cuore.
Scomoda povertà in un caso di piccolissima cronaca, da Treviso. Lui é un uomo di 55 anni. E fino a qualche tempo fa era un operaio. Già condizione difficile, fatta di sudore e di privazione. Poi, lo tzunami della crisi, e l’operaio perde il lavoro. E la vita diventa come una vecchia auto con le gomme lisce e senza freni. Periferia di Treviso, zona un tempo felice.
L’ex operaio ha fame e non ha soldi. Ha dignità, quel poco che serve a salvarsi in una condizione dove per poco potresti anche mettere all’asta della disperazione anche quella. Per questo l’uomo cerca da mangiare di notte o alle prime luci dell’alba. Lo fa visitando i cassonetti, forse perché ha letto, come noi, che si butta tra i rifiuti una buona fetta di quello che si compra. Apre e chiude i cassonetti, ma i cassonetti fanno rumore, soprattutto quando hai fretta ad ispezionarli, per paura d’essere visto, per pudore.
L’uomo fa rumore, e sveglia qualcuno, che scende e lo affronta, rimproverandolo di far casino. C’é un diverbio, l’operaio affamato le prende, reagisce. Poi preferisce non continuare, sale in auto, una sfasciata utilitaria che ha più fame di lui, e va via.”Sono costretto a sfamarmi in questo modo”, dice agli agenti che lo raggiungono e lo identificano. “Licenziato un anno fa, senza poter trovare un altro lavoro, come potrei fare diversamente?”. Per i poliziotti é stata solo una zuffa, senza conseguenze, senza denuncia del cittadino infastidito dal rumore che la povertà può fare quando non é ancora giorno.
