Diplomaticamente arrabbiati. La parole per un ministro degli Esteri, per giunta diplomatico di mestiere, sono sempre pesate col bilancino del farmacista. “Situazione inaccettabile” e “provvedimento illegittimo”. Parole secche e inaspettatamente – finalmente – dure. Le ha pronunciate Giulio Terzi dopo gli sviluppi del caso dei due marò italiani detenuti in India. Terzi ha convocato l’ambasciatore indiano a Roma, Debrabata Saha, al quale ha presentato “la ferma protesta” per il comportamento delle autorità indiane nei confronti dei due militari ora detenuti in un carcere di Trivandrum dove incaricato della mediazione è il sottosegretario Staffan De Mistura. Poi ha ribadito che per l’Italia il processo ai fucilieri è illegittimo “per carenza di giurisdizione” e ha fermamente protestato per le “inaccettabili” misure adottate con il fermo giudiziario e ha definito “non soddisfacenti” le misure “attenuative del regime della detenzione”.
Regole internazionali garantite da chi? Più o meno sempre le stesse ragioni portate avanti dalle autorità italiane con governo e la giustizia dello stato di Kerala, sud India. Solo che questa volta il destinatario è il governo federale e centrale indiano di Nuova Delhi. Insomma, tradotto dal diplomatichese al concreto, a Kerala lo Stato sta usando i sui poteri di indagine e giudiziari un po’ troppo allegramente -nel sospetto abbondantemente documentato di interessi politici locali- ma ora basta. La questione, le regole internazionali, sono garantite dal governo federale che ora è il destinatario della protesta ufficiale italiana a cui è invitato-costretto a dare risposte. Di fatto la Farnesina ha ricordato ai colleghi indiani -quelli di Nuova Delhi- come ciò che sta accadendo a Kerala rischi di diventare un “precedente pericolosissimo”, e per questo vi è un “interesse convergente della comunità internazionale”.
Chi comanda in India. Il ritratto dello Stato di Kerala fatta da Globalis (vedi allegato in fondo) dove pesa la tensione anti italiana del conflitto politico interno tra l’esecutivo marxista attualmente al potere e l’opposizione guidata dal partito dell’italiana-undiana Sonia Ghandi. Ora il quesito ufficiale all’India federale, alla Grande Potenza nel suo insieme: chiarite le regole. Dite al mondo se gli accordi internazionali li firmate e li garantite da Delhi oppure se ogni Stato federato, ogni polizia locale, può interpretare glui stessi accordi a modo suo. “Questo è un caso che oggi si applica a noi e domani potrebbe applicarsi a qualcun altro. Aspettavamo la prova del nove, quella balistica, per poi accelerare l’aspetto internazionale. Dopo quello che è avvenuto ieri non aspettiamo più perché c’è stata un’accelerazione nella direzione sbagliata”, ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura.
Preoccupazione-avvertimento. La preoccupazione dell’Italia e – tra le righe – anche qualche avvertimento “sul clima di tensione e forte sentimento anti-italiano”. “La preoccupazione dell’Italia è che con un fatto del genere si crei un precedente pericoloso in un settore così importante come il contrasto alla pirateria”, nel timore che possa estendersi “ad altre situazioni che vedono coinvolti militari all’estero”, ha spiegato Manzo. “Anche l’India -ribadisce Roma- è impegnata in operazioni internazionali su questo piano. Quindi con un precedente si rischiano conseguenze per tutti i soggetti coinvolti”. In ballo, si sottintende, c’è insomma tutta la già sparpagliata missione navale internazionale anti pirateria sull’oceano indiano sino a Suez. Con l’India che vi partecipa formalmente ma che forse non fa esattamente quello che servirebbe, neppure in casa sua. Vedi i molti sospetti sull’attività di pescatori-pirati e il mistero delle navi che si assiepavano in quel tratto di mare internazionale dove è stata attaccata la Enrica Lexie. Questa è ovviamente la “traduzione” di Globalist.
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