L'insospettabile sindaco di Messina Denaro
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L'insospettabile sindaco di Messina Denaro

Vita di Ciro Caravà, sindaco di Campobello di Mazara (Pd), arrestato perché sospettato di essere organico a Cosa Nostra e al servizio del boss. [Onofrio Dispenza]

L'insospettabile sindaco di Messina Denaro
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Onofrio Dispenza Modifica articolo

16 Dicembre 2011 - 23.21


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di Onofrio Dispenza

Perché Messina Denaro è ancora latitante? L’operazione che ha portato in carcere il sindaco di campobello di Mazara, Ciro Caravà, se letto bene, dà la risposta. O almeno, una delle risposte.

Uno come Messina Denaro è capace ed è nelle condizioni di comprare tutto e tutti. E chi si fa comprare sa essere uno straordinario camaleonte. Caravà, a giugno, eletto sindaco a furor di popolo, aveva preso chiodo e martello e nella sua stanza di primo cittadino aveva attaccato una bella foto di Falcone e Borsellino. E per non risparmiarsi, aveva detto urbe et orbi che avrebbe affiliato il suo Comune all’Associazione Libera.

Per sintetizzare, il Pd alle spalle e plateali dichiarazioni di antimafiosità. Apparentemente tutto ok.
Il lavoro dei magistrati e le preziosissime intercettazioni hanno reso nudo il sindaco di Campobello. Gli uomini più vicini a Matteo Messina Denaro, attualmente al vertice di Cosa Nostra, continuavano a dirsi quanto bravo era quel sindaco al quale avevano portato “un mare di voti”.

Per i magistrati, Caravà era entrato organicamente nella famiglia mafiosa di Campobello. Ed entrare nella famiglia mafiosa di Campobello vuol dire essere nella schiera più prossima a Messina Denaro. Curare i suoi affari, difenderne la latitanza.

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Uno dei messaggeri del capo, intercettato, parlando di Caravà, ad un certo punto esclama:”L’altra sera, il sindaco l’ho sentito parlare in tv…Minchia, se non lo conoscessi….”. Sì, perché Caravà passava da proclama antimafia ad altro proclama antimafia con una leggerezza che smetiva la sua stazza.

Le intercettazioni ora fanno giustizia del doppio gioco del primo cittadino di Campobello di Mazara. Gli investigatori del ROS ad esempio, ascoltando la moglie del boss Nunzio Spezia durante un colloquio in carcere, nel Nord Italia, sentono questa frase:”Vedi, in due anni di sindaco quanto abbiamo risparmiato? Dopo le elezioni mi ha detto: Vossia ( Lei ) fino a quando va e viene dallo zio Nunzio, biglietti non ne paga più. Io gli telefono, gli ordino i biglietti e li passo a ritirare”. Caravà, dunque, distribuiva biglietti a tutti i parenti di boss in carcere al Nord Italia. Andata e ritorno in aereo, paga il sindaco. Non solo biglietti, naturalmente. La distribuzione più ghiotta era quella degli appalti E a Gallarate, in proposito, è stato arrestato un imprenditore originario di Campobello, Filippo Greco. Un imprenditore che aveva anche il ruolo di consigliere economico della cosca.

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L’arresto del sindaco di Campobello ripropone un tema scottante all’interno del Pd siciliano: certa disinvoltura nell’arruolamento del ceto politico, i comportamenti di alcuni esponenti di rilievo regionale e nazionale.

Caravà era stato prima comunista, poi era andato in Forza Italia, quindi nel Pd. Le elezioni le aveva vinte – stando alle indagini – grazie ai voti degli “amici” , ma anche al consenso ottenuto con il salvataggio di migliaia di case abusive costruite dopo il 1976 a meno di 150 metri dalla battigia. “Abbiamo individuato un decreto firmato una quarantina di anni fa dall’allora presidente della regione – annunciò un giorno Caravà – le case saranno salvate!” Bingo!

Eppure, sospetti e dubbi sul Comune di Campobello di Mazara c’erano stati Era stato denunciato nel 2006 per estorsione e voto di scambio, inchiesta archiviata. Poi si indagò su un consulente di Caravà, Franco Indelicato, che agli inquirenti era apparso troppo vicino a Messina Denaro. E poi,ancora le intercettazioni, ma Caravà respingeva sempre le accuse, e con sdegno.

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Le archiviazioni avevano incoraggiato gli uomini della cosca a farsi sempre meno prudenti. Varcavano il portone del Comune e si facevano vedere nei corridoi del gabinetto del sindaco. Uno degli arrestati nel blitz aveva avuto qualche timore e lo aveva manifestato, registrato dalle intercettazioni:”Qua ci commissariano il Comune…”, aveva pronosticato. Previsione di Giovanni Buracci, dipendente della Prefettura di Trapani in pensione al momento dell’arresto,uomo molto vicino al sindaco. Vicino, ma critico. In una intercettazione, riferendosi a quel via vai in Comune dice: “I soldi, le tangenti, ce li portano a casa, che bisogno c’è di andare là, in Comune….In Comune non ci doveva avvicinare nessuno. A me dispiace, perché quel cretino (il sindaco) pensava che dicendo antimafia si salvava…”

Ma Caravà non ascoltava gli inviti alla prudenza dei fedelissimi, arrivando ad assumere persino la moglie di un mafioso nel suo staff.

Il Comune non fu sciolto dal Consiglio dei Ministri.
Dunque, c’è chi non ha visto, chi non ha voluto vedere e sentire, sia nelle istituzioni, sia nelle forze politiche.

Ecco la risposta alla domanda iniziale.

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