Silvio grande europeista a sua insaputa
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Silvio grande europeista a sua insaputa

Silvio B. Europeista inconsapevole, taumaturgo dell’integrazione continentale, re dei federalisti. Federalisti europei, non padani.

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26 Ottobre 2011 - 08.58


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di Iacopo Scaramuzzi

Europeista ignavo. Passerà forse alla storia come il più grande europeista di tutti i tempi, Silvio B. A sua insaputa, ma ultraeuropeista. Ne ha dato già prova nel lontano 2005 con la bocciatura del commissario in pectore Rocco Buttiglione. Una vicenda meno nota di quanto sembri. Il trattato non prevedeva questa possibilità. All’inizio di una nuova legislatura, in teoria, il Parlamento europeo deve limitarsi a dare la sua approvazione dell’intera Commissione europea. Non potrebbe sindacare sul singolo candidato commissario. Ma il presidente designato della Commissione José Manuel Barroso attribuì a Buttiglione il posto di commissario alla Giustizia e degli affari interni. Sebbene si tratti di un dicastero che, in realtà, non ha nessuna competenza in materia di discriminazione di genere, i deputati presero a pretesto le dichiarazioni sull’omosessualità rilasciate da Buttiglione durante le audizioni per rifiutargli il via libera, minacciando –se Barroso non li avesse presi sul serio– di far cadere l’intera Commissione.

L’alternativa del diavolo. Il portoghese aveva, a quel punto, due alternative. O chiedere a Buttiglione di ritirarsi o spostarlo di dicastero. A sbarrare la strada a quest’ultima ipotesi fu Silvio Berlusconi, che, forse temendo guai con la giustizia di altri paesi dell’Unione europea o critiche europee sulle politiche di immigrazione (queste, sì, di competenza di quel dicastero), preferì rinunciare a Buttiglione che rinunciare a quella casella. E così, grazie a Berlusconi, il Parlamento europeo creò (con lo scambio tra Frattini e Buttiglione) il precedente di un’invasiva definizione della Commissione Ue e la democrazia europea uscì rafforzata…

Sei anni dopo, punto a capo. Siamo di nuovo lì. Silvio B. è così attaccato alla poltrona che per schiodarlo si è mossa tutta la nomenclatura europea: la Bce di Draghi e Trichet, il duo franco-tedesco di Merkel e Sarkozy (d’accordo praticamente solo sulle risatine sul collega italiano), l’astuto Jean Claude Junker (quello del pat-pat sulla testa di Berlusconi ripreso alcuni anni fa da un’impietoda telecamera), Supermario Monti, che ha certificato il commissariamento dell’Italia e il rischio che da paese fondatore della comunità europea lo Stivale divenga il suo becchino e, ora, scalda i muscoli per guidare il prossimo governo tecnico italiano. Mai l’Europa era stata così coesa. E del resto, la storia dell’integrazione europea è così. Anni di inutili discussioni burocratiche, lungaggini, improbabili direttive sulla curvatura delle banane e vacui white paper su riforme che non si faranno mai – e poi, di punto in bianco, improvvise accelerazioni, spesso dovute a momenti di crisi, sempre dettate dal precipitare degli eventi.

Grazie Silvio. L’Unione europea ha passato gli ultimi dieci anni a parlare, inutilmente, di Costituzione europea… e nel giro di pochi mesi, grazie alla crisi economica e al pervicace attaccamento di Berlusconi alla poltrona di Palazzo Chigi, si riscrive la costituzione materiale dell’Unione europea. Anni, ancora, a discutere di riforma del patto di stabilità, strategia di Lisbona, coordinamento delle politiche economiche… e in poche settimane le istituzioni di Bruxelles commissariano un paese membro, decidono il programma economico di governo e –forse, chissà– fanno cadere un governo inetto seppur democraticamente eletto. Altiero Spinelli e Jean Monnet stapperebbero una bottiglia di champagne in onore del loro amico Silvio B. Europeista inconsapevole, taumaturgo dell’integrazione continentale, re dei federalisti. Federalisti europei, non padani.

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