di Adelmina Meier
Se Trump ieri avesse fatto sua la famosa frase di Don Corleone “Ti farò un’offerta che non potrai rifiutare”, sarebbe apparso meno inquietante. Se il suo vice, Vance, guardando Zelenskyj, si fosse limitato a suggerire al suo capo “C’è solo una soluzione, eliminarlo”, magari non ci saremmo convinti che quello visto ieri nell’incredibile diretta dallo Studio Ovale della Casa Bianca era una scena inedita, e ritrovata, del film di Francis Ford Coppola.
E c’è voluto del tempo per capire che il sostanziale “Sei solo chiacchiere e distintivo”, detto con disprezzo e con toni minacciosi da Trump al presidente ucraino, non era una scena perduta e ritrovata de Gli intoccabili. Gli elementi per pensarlo c’erano tutti, con il boss dei boss trattenuto a stento dai suoi scagnozzi, a inveire contro e minacciare l’indomabile agente Eliot Ness.
La diretta di ieri con Trump, che è andata oltre ogni oscenità pensabile nei rapporti internazionali (superata solo dall’oltraggiosa invasione putiniana dell’Ucraina), è già Storia. Pagina nera della Storia, ombra pesante sul futuro della convivenza e della stessa esistenza di questo mondo che si sta sbarazzando di ogni bussola.
Nelle parole e nei movimenti, negli ammiccamenti e nelle smorfie, Trump ieri ha disegnato un capomafia da manuale, come neanche Coppola e Brian De Palma, come neanche Rosi e Petri.
Con una decisione che appariva presa al più alto livello, nel confronto a due della Cosa loro, Trump ha convocato la vittima già designata e, prima di procedere alla sua eliminazione (politica, forse anche fisica), ha voluto mortificare, umiliare e denigrare, delegittimare chi osava resistere al loro potere.
Esattamente come fa la mafia: prima detta le sue condizioni, poi prova a sottomettere chi si ribella, poi consegna il ribelle al suo destino.
Destino segnato, perché tutto fa pensare che ora l’amico di Trump, quello che in queste ore elogia Trump e fa festa (facendo insultare Zelenskyj da chi a Mosca fa il lavoro sporco), possa davvero pensare di avere il via libera per fare quello che non gli è riuscito quando ha sferrato l’operazione speciale contro l’Ucraina.
Proprio ieri, il Wall Street Journal ha ricostruito e raccontato che, all’inizio dell’invasione, i generali russi, pensando di arrivare in men che non si dica a Kiev, avevano prenotato i migliori ristoranti della capitale ucraina per festeggiare la conquista e l’annessione del Paese, destinato a diventare una copia della Bielorussia.
Poco importava al summit di ieri che dietro quell’uomo, reo di non indossare giacca e cravatta, ci sia un popolo che, per l’invasione e la guerra, ha subito la diaspora di milioni di uomini, donne e bambini. E questo senza contare i morti, perché i numeri fanno ormai inorridire, perché dentro i numeri saremmo costretti a contare le donne e i bambini.
Ecco, questo si è consumato ieri in diretta. Un sommovimento violento della Storia, un macero delle regole, che però non ha smosso più di tanto il TG1 delle 20.
Nel Tg, l’incredibile film dello Studio Ovale è arrivato solo dopo 11 minuti, e ha meritato solo il terzo titolo.
Apertura sulle condizioni del Papa, anche perché a Saxa Rubra si dice che l’ossessione di questi giorni e di queste ore del direttore del TG1 sia quella di arrivare per primo a dare la notizia della morte di Papa Francesco.
Di seguito, dopo il Papa, la papessa Meloni col provvedimento sulle bollette. Prima, dunque, il bluff delle bollette e la celebrazione della Meloni. Poi, solo dopo, i tuoni non lontani della terza guerra mondiale, quella della quale ci avverte Francesco.
Al quale auguriamo di riprendersi, alla faccia di chi ne vorrebbe annunciarne la morte.
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