La sera del 19 novembre 2024, in collaborazione con l’arcidiocesi di Milano, viene presentato nel capoluogo lombardo il primo docufilm su padre Paolo Dall’Oglio, realizzato da Fabio Segatori e intitolato “Padre Dall’Oglio”. L’opera sarà trasmessa venerdì 22 novembre alle 16,10 da Rai3 e quindi sarà disponibile su Rai Play.
Questi elementi solitamente “formali” sono invece importanti per comprendere appieno il valore dell’opera di Fabio Segatori. Dall’Oglio infatti è stato quasi accantonato dal giorno del suo sequestro, anche per la scelta di chi facendolo sparire da undici anni senza mai fornire alcun elemento – l’Isis infatti non ha neanche rivendicato il sequestro- ha impedito di parlarne per anni, nel dubbio angoscioso che si potesse mettere a repentaglio la sua vita di sequestrato. E così tutto è sfumato nella memoria collettiva del Medio Oriente al quale ha dato 30 anni di una vita di rara profondità, che questo film recupera dai suoi inizi fino alle ultime pagine, prima dell’ignoto. E oltre a farlo con eccellente qualità poetica e narrativa, unendo decine di testimonianze che ricostruiscono ognuna a modo suo un pezzo del racconto e così creando il racconto del film, lo fa con il concorso della Rai e un’anteprima con l’arcidiocesi di Milano, e questi riconoscimenti fanno in modo che riemerga tutto il significato della sua avventura umana, spirituale, culturale e politica e dell’esito comunque drammatico del suo lavoro: emerge allora grazie a questo straordinario affresco riconosciuto da istituzioni così importanti un Dall’Oglio che finalmente appare quello che potremmo chiamare il Monsignor Romero di Siria.
Si, Dall’Oglio è il Monsignor Romero delle terre arabe. Infatti come nel suo Salvador Monsignor Romero seppe sostenere i giovani contro gli squadroni della morte, trattenendoli così dal precipitare in avventure destinate al disastro, così in Siria Dall’Oglio ha saputo fare lo stesso contro analoghi squadroni della morte, quelli del regime e quelli dell’Isis, sostenendo i giovani, cristiani e musulmani, che anelavano alla libertà; trattenendoli dal però rimanere silenti nella paura o dal precipitare in preda alla furia in avventure destinate al disastro. Ciò che dunque finalmente emerge non è l’esito, che nessuno conosce perché troppi non vogliono che si sappia, ma il senso della sua scelta, comunque si sia conclusa: difendere l’anelito popolare alla libertà, un anelito cristiano e musulmano, anche al rischio della morte. Questo infatti è il senso di tutto il racconto che origina nella borgate romane, si sviluppa nel monastero immerso nel deserto siriano che riportato in vita, difficile capire come, Mar Musa, e si conclude con la sua storia di espulso e sequestrato sparito.
Profeta del dialogo islamo-cristiano, Dall’Oglio sapeva bene che molti teologi musulmani insegnano che decisivo non è il fatto ma l’intenzione. E l’intenzione di padre Dall’Oglio finalmente emerge non più condizionata dalla paura di rappresaglie dei potenti. Una pagina nuova, sin qui sommersa da alcuni dissensi ma soprattutto dai condizionamenti, si è liberata finalmente dalle zavorre che la trattenevano sott’acqua e viene a galla a dirci che un nostro connazionale, in Siria, nel buco nero siriano, ha agito come il Santo di San Salvador, cioè come il santo martire Oscar Romero.
Vedendo la poesia di Segatori e il racconto che con sapienza ha intessuto, si immagina facilmente quest’uomo impulsivo e di grande visione immaginare che stavano per arrivare il genocidio degli yazidi, la cacciata persecutoria dei cristiani di Mosul, la distruzione dell’islam illuminato in tutte quelle terre, mentre si sbriciolava sistematicamente chiunque osasse voler respirare sotto Assad, e ha detto che lui non poteva restare silente davanti a questo incubo e, sollecitato a portare messaggi di colloqui possibili all’Isis, non si è sottratto, ha accettato questa enorme sfida per non tradire tutta una nazione, cercando anche notizie di altri uomini di difficoltà. Nella piena consapevolezza.
Un film però non ha l’obiettivo di aprire possibili canonizzazioni, non ha la pretesa di dire cosa sia successo undici anni fa, il 29 luglio 2013, quando Dall’Oglio sparì dopo essere entrato nel quartier generale dell’Isis a Raqqa. Non lo sappiamo, ma sappiamo che se fosse ancora vivo, in chissà quale modo, l’enormità del suo gesto e della sua vita resterebbero quel che sono senza saperlo, un contributo straordinario a ricostruire la società del vivere insieme, la cultura dell’incontro nel mosaico mediterraneo: a non perdersi nell’orrore della ferocia di Assad e nell’abiezione dell’Isis.
Questi due soggetti si uniscono nella sua storia, come nella storia del popolo siriano. Dall’Oglio è stato espulso da Assad e sequestrato dall’Isis, esattamente quel che è accaduto al popolo siriano, quasi tutto espulso dalle proprie case da Assad e sequestrato alla storia umana dall’Isis.
Che intorno al terrorismo navigasse un’oscura cloaca fatta di trafficanti e spioni d’ogni tipo è stata la sua più lucida intuizione, ancora vera in tanti scenari.
Dall’Oglio quindi è stato vittima anche della nostra prudente circospezione, del nostro desiderio di non dire fino in fondo che questi opposti estremismi hanno massacrato insieme, da destra e da sinistra, un intero popolo, che chiedeva dignità dopo mezzo secolo di sordido buio. E’ la storia di oggi, che dalla Siria è dilagata in tutto il mondo mediterraneo. Vedere lui, la sua storia, non è solo vedere questa storia, ma è anche questo. Il film di Fabio Segatori infatti ricostruisce con delicata profondità tutti i tasselli che compongono il mosaico della sua personalità, della sua spiritualità, del suo desiderio di testimoniare l’amore di Gesù per i musulmani. Tanto che anche chi racconta Paolo diviene un piccolo racconto nel racconto: i compagni di scuola, i parenti, i confratelli, i teologi musulmani, l’amico giornalista dal quale si reca appena espulso, a Beirut, il vero compagno di viaggio nella ricomposizione di un cristianesimo aperto e non chiuso, o intimorito, cioè padre Jacques Mourad, cofondatore della comunità di Mar Musa, oggi arcivescovo di Homs, capace di dirci come prima abbia discusso e poi si sia completato con il suo amico e compagno di missione, Dall’Oglio. Mourad è talmente delicato da non fare cenno al suo sequestro, un’altra esperienza che ha condiviso con Dall’Oglio. C’è un’umanità rara in Mourad, un cristiano orientale che in poche battute sa dirci quanto prezioso sia stato per lui il lavoro avviato con padre Paolo, la Comunità di Mar Musa: una luce che il buio siriano non ha spento, mai, neanche negli anni più bui. Forse il vero regalo che questo docufilm fa agli spettatori è quello di consentire a tutti di immaginare due preti ma un po’ strani, due un po’ strani ma preti, che chiacchierano, insieme, e che così chiacchierano anche con noi.