La bufala del celibato mentre la Rai fa come la Libia

Grave il silenzio tombale dei problemi della Rai, di cui si parla soltanto quando si fanno le nomine

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Nuccio Fava Modifica articolo

16 Gennaio 2020 - 18.43


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C’è il fulminante Giannelli che fa incontrare i 2 Papi: Francesco titubante e pensieroso ascolta il collega: “Ma non ti pare che l’età sia troppo avanzata per occuparsi di celibato?”
Problema certo enorme quello del celibato, dei preti con possibilità di matrimonio sempre discussi e applicati nella storia della chiesa in differenti luoghi e circostanze. E proprio Benedetto XVI se ne è fatto promotore con i preti anglicani passati alla chiesa cattolica. Ma qui si è inserito il serpentello e la coda del diavoletto nella forma di quel furbacchione del cardinale americano che si è inventato una pubblicazione a quattro mani con Ratzinger, con l’evidente intenzione di screditare paoa Francesco e favorire le correnti conservatrici presenti nella chiesa, specie negli Usa sull’onda della presidenza Trump e della sua volontà di restare alla casa Bianca. Insomma si tende a contrastare l’azione di Francesco spesso troppo in viaggio su terreni e tra i popoli più abbandonati della terra. Si tenta in particolare di fare di Trump il difensore assoluto dei valori dell’Occidente da contrapporre ai musulmani come ai tempi delle Crociate, ignorando del tutto la distanza dei secoli e la visita che già allora fece San Francesco nella tenda del sultano.
Riguardo a papa Francesco la sua linea è chiarissima e resta però un problema non risolto: lo statuto del papa Emerito, della sua responsabilità e del valore delle sue esternazioni, problema da diritto canonico e che la sapienza della chiesa saprà risolvere. Il tutto fa emergere una piccola lezione anche per noi giornalisti sempre pronti a suonare le trombe senza serie e vere ragioni.
Grave invece davvero il silenzio tombale sui problemi della Rai di cui meniamo scandalo e sorpresa solo all’atto delle nomine o di qualche scandalo in diretta. Eppure la Rai è servizio pubblico che dovrebbe significare attenzione qualificata, la migliore possibile sul piano informativo, culturale di svago ed intrattenimento dei cittadini italiani.
Per carità: ma la qualità artistica di don Matteo e delle dosi massicce di Montalbano, le vogliamo considerare e Costanzo inascoltabile per quali ragioni segrete occupa l’elettrodomestico?
Solo esempi costellati da Tg nei corso della giornata che sembrano talvolta intermezzi tra Porta a Porta e le cattive imitazioni sulle altre reti? Dinnanzi ad un simile disastro siamo alla registrazione dell’inesistenza del servizio pubblico con scontro e problemi indicibili tra i partiti per una diversa spartizione che comprenda le stesse correnti specie dopo il passaggio dal Conte I al Conte II.
Ovviamente senza alcuna motivazione delle scelte ,né di nuove attenzioni culturali e prospettive innovative, spartizioni e cambio di caselle senza nemmeno la dignità di spiegare e motivare la ragione e lo scopo di certe scelte. Il direttore generale non e’venuto ad alcuna spiegazione e sulle sue scelte per i pieni poteri che gli ha assegnato a suo tempo il governo Renzi. Lamentandosi addirittura di non avere avuto ascolto, costretto a decidere tutto da solo. In effetti manca ogni forma di corresponsabilità, di gioco di squadra, invocato ormai per ogni partita di pallone. Figurarsi quanto indispensabile per una azienda delicata e complessa come la Rai servizio pubblico. Due grandi amici e intellettuali di livello Alberto Ronchey e Leopoldo Elia, si dimisero dopo il fallimento della riforma del 1975 e inventarono con efficacia il termine di “lottizzazione “ della Rai e di ”occupazione”da parte dei partiti. Questa volta il male ha raggiunto vette da Everest nello sconfortante silenzio dei sindacati interni , dei giornalisti Rai e della stessa federazione della Stampa e dell’ordine nazionale. Tutti inaspettatamente silenti, attori forse preoccupati e confusi, in attesa anche di possibili avanzamenti e nuove opportunità intermedie di carriera.

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