Vianello racconta il dramma dell'ictus: "Non potevo più pronunciare il nome dei miei figli"
Top

Vianello racconta il dramma dell'ictus: "Non potevo più pronunciare il nome dei miei figli"

Il giornalista torna a raccontare il dramma dell’ictus che l’ha colpito il 2 febbraio 2019

Andrea Vianello
Andrea Vianello
Preroll

globalist Modifica articolo

15 Gennaio 2020 - 09.57


ATF

“Ho avuto paura di non pronunciare più il nome dei miei figli”. A confessarlo è il giornalista Andrea Vianello, che torna a parlare sul Corriere della Sera il dramma vissuto dopo l’ictus che l’ha colpito il 2 febbraio 2019 e che per mesi gli ha impedito anche di scrivere e leggere. Un racconto di malattia e rinascita contenuto anche nel libro “Ogni parola che sapevo”, in uscita il 21 gennaio per Mondadori.

A chi gli chiede cosa significhi per un personaggio televisivo non riuscire più ad articolare le parole, Vianello risponde:

“Significa sentirsi sfigurato. È stato come se mi avessero deturpato il volto. È questo il rischio peggiore quando si è vittime di un ictus: sentirsi uomini e donne “a metà” e convincersi di non poter recuperare mai più. E invece no” […] Quest’anno buio mi ha fatto riflettere sulle nostre vite frenetiche, pronte a star male per inezie che di fronte alla morte si rivelano per quello che sono: nulla”.

Un malore improvviso, quello del conduttore. Poi la corsa all’ospedale “Umberto I” di Roma e la decisione di operarlo d’urgenza da parte dei medici.

“L’intervento andò bene ma io una volta sveglio mi sentii… be’, mi sentii pieno di parole che ristagnavano nella testa e non riuscivano a venire fuori. Una sensazione assurda: conoscevo benissimo quei vocaboli ma non li sapevo più articolare”.

In quei momenti, confessa l’ex direttore di Rai Tre, i pensieri erano tutti rivolti alla famiglia.

“Tremavo all’idea di farmi vedere dai miei figli, forse mi sentivo peggio di come apparissi in realtà. Le mie zie arrivarono con dei fogli di carta sui quali avevano disegnato i loro volti e, sotto, scritto i loro nomi. Guardavo le facce, associavo le persone, provavo ad articolare qualche parola. Ero consapevole di dover ricostruire tutto: re-imparare a parlare, a scrivere, a leggere […] Mia moglie Francesca è stata importantissima nella decisione di non arrendermi, così come lo è stata la comunità degli amici e dei colleghi”.

Leggi anche:  La denuncia: "Chi sta distruggendo la sanità pubblica si metta nelle mie carni lacerate"
Native

Articoli correlati