Nadia Picciurro. Questo nome non vi dice nulla.
Eppure sono abbastanza sicuro che la abbiate vista almeno una volta in televisione, se come me avete oltrepassato i quaranta.
Però difficilmente ve la potreste ricordare: è un frammento di cronaca cancellato dal tempo, un seno extralarge tra le tonnellate di carne femminile apparsa sui monitor domestici negli ultimi trent’anni.
Io questo nome non l’ho dimenticato perché corrisponde ad un trauma adolescenziale mai superato.
Io penso tutto il male possibile della televisione commerciale berlusconiana. Ogni volta che il groviglio intricato di pensieri ingarbugliatisi nei decenni sfoga dalla mia bocca in un insulto, un insulto contro il nulla violento dei suoi palinsesti, un filo di questi pensieri è Nadia PIcciurro.
La televisione commerciale berlusconiana è il vuoto da riempire tra uno spot pubblicitario è l’altro. Un intervallo da colmare senza surriscaldare le menti.
Perché, come una volta disse Berlusconi ai dirigenti Pubblitalia, il pubblico “è un bambino di undici anni, neppure tanto intelligente”.
Barbara D’Urso, Maria De FIlippi, Silvia Toffanin e tutte le altre sono riempitrici di vuoto. Addette all’attenzione, custodi del telecomando e di un mondo dove tutto si risolve nel vendere e nell’acquistare.
Dove la forza dell’uomo è tutta nella sua capacità di piazzare qualcosa, magari anche un’illusione, ad un altro uomo.
Tutto è raggiungibile, col sorriso sulle labbra.
Questa televisione e il berlusconismo in politica sono la stessa cosa, declinazioni in campi diversi di un unico modello. E la donna, massima fonte del desiderio, è procace, svestita e svampita.
La Tini Cansino di Drive in, una per tutte.
Un oggetto facilmente raggiungibile da chiunque, elemento perfettamente coerente con la struttura di un mondo mercato. Dove tutto dev’essere facile, sciolto da dubbi, sennò i meccanismi della televendita s’inceppano.
Però questa impalcatura concettuale non ha la forza massacrante della morte di Nadia Picciurro.
Nadia aveva 19 anni quando morì. Era il 10 giugno del 1988. Tornava da una serata in un night club assieme al suo agente, a notte fonda. L’Audi finì contro un camion nei pressi di Forlì.
Nadia era la prima spogliarellista di Colpo Grosso!, il programma condotto da Umberto Smaila che Fininvest produceva affidandone la realizzazione e la diffusione ad Italia 7.
Lo scopo del programma era svestire le ragazze poco per volta. Come accadeva a TeleMilano, nel 1980, dove uno studio offuscato dallo spesso fumo delle sigarette ospitava gli striptease di oscure casalinghe brianzole: la prima televisione berlusconiana questo fu.
Nadia si era fatta largo vincendo il titolo nazionale di “seno mozzafiato”, grazia alla sua coppa sesta misura. E l’anno dopo, accanto a Smaila, la sua carriera sembro spiccare il volo.
Come una Debora Caprioglio, come una Francesca Dellera, come una Nadia Koll prima della conversione.
Ma fu un volo breve, interrotto dallo schianto sull’autostrada.
Venti puntate della nuova edizione di Colpo Grosso! erano già state registrate, quando i suoi resti vennero raccolti dall’asfalto.
I famigliari chiesero alla produzione televisiva di cancellarle dal palinsesto. Invece no.
La morte non fu una ragione sufficiente e plausibile perché si potesse risparmiare la trasmissione di venti puntate di Colpo Grosso! con le tette al vento di Nadia Picciurro. C’erano contratti firmati, accordi sottoscritti.
Proprio non si poteva.
Tette post mortem.
Io, diciassettenne, vidi qualche minuto di una di quelle trasmissioni. Diciassette anni, il tempo in cui in un maschio il membro vive di vita propria ed orienta ogni tua azione.
Sapevo che Nadia Picciurro era morta. E l’associazione di immagini mi risultò insopportabile.
Il sovrapporsi nella mia mente di seni e natiche esposte davanti ad una telecamera, di carni dilaniate dalle lamiere e di un funerale appena celebrato esplosero nell’orrore. Ero poco più che un ragazzo.
Uno dei più atroci orrori della mia vita.
Più dei trent’anni di lavaggio del cervello affidato ai riempitori di vuoto, la mia idea d’Italia al tempo della televisione commerciale è l’immagine di Nadia Picciurro in quello scampolo di Colpo Grosso!
Con le tette al vento. Dopo la morte.