Micotossine, la nuova sfida posta dal cambiamento climatico
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Micotossine, la nuova sfida posta dal cambiamento climatico

Cosa sono, quali sono i rischi per la salute e le strategie di contenimento del problema

Micotossine, la nuova sfida posta dal cambiamento climatico
fonte: AdnKronos
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15 Marzo 2025 - 18.08 Culture


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Salute pubblica e sicurezza alimentare sono strettamente legate ai fattori climatici e di conseguenza ne subiscono i cambiamenti che portano ad affrontare nuove sfide. Quella che di recente sta destando maggiori preoccupazioni è la presenza di micotossine rilevate in alcune coltivazioni.


Queste sostanze dannose per la nostra salute sono presenti nei campi, nei silos e nei prodotti da forno che quotidianamente consumiamo, e sono una diretta conseguenza dei cambiamenti climatici. Piogge intense, inondazioni e periodi di siccità prolungati mettono sotto stress le colture, rendendole più vulnerabili alle infezioni fungine e alla contaminazione da micotossine. Mais, grano e orzo sono particolarmente a rischio, con implicazioni non solo per la salute umana, ma anche per l’intera filiera agroalimentare.

La problematica maggiormente incisiva sul piano della sicurezza alimentare è la resistenza di tali sostanze a qualsiasi tipo di lavaggio, lavorazione e cottura degli alimenti.
Nel caso particolare del deossinivalenolo, ad esempio, si registra l’esposizione del 14% della popolazione europea e il rischio non è associabile solo al consumo di alimenti ma anche all’acqua di deflusso agricolo, alla persistente esposizione alle polveri contaminate e l’assorbimento cutaneo.

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Ma quali sono le conseguenze sulla salute? Queste tossine possono interferire con il sistema ormonale, compromettere il sistema immunitario, danneggiare fegato e reni e persino favorire lo sviluppo di tumori. Alcuni gruppi di persone sono più vulnerabili di altre: Bambini piccoli, donne in gravidanza e lavoratori del settore agroalimentare sono tra le categorie più esposte. Neonati e i bambini tra 1 e 3 anni risultano maggiormente a rischio. Inoltre, l’esposizione prenatale a queste tossine può avere effetti negativi sullo sviluppo del feto, attraversando la placenta e interferendo con il sistema endocrino.

Anche chi lavora a stretto contatto con le colture contaminate o nelle fabbriche di trasformazione alimentare corre rischi elevati, in quanto può inalare particelle tossiche o assorbirle attraverso la pelle. Studi recenti hanno dimostrato che il contatto prolungato con la polvere di cereali infetti può portare a sintomi respiratori cronici e problemi immunitari. Le conseguenze sulla salute vanno dal danno epatico, connesso all’aflatossina B1, al rischio di disturbi riproduttivi causati dallo zearalenone, un estrogeno naturale prodotto da alcuni funghi.

Un ulteriore motivo di preoccupazione è che queste tossine si presentano incolori e insapori, motivo per cui risultano molto difficili da individuare. Secondo l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), il limite regolamentare per la presenza di micotossine nei prodotti agricoli è spesso superato in circa il 25% dei campioni analizzati, mentre fino all’80% dei raccolti può contenere livelli rilevabili di queste sostanze, sebbene non oltre i limiti stabiliti. Questo suggerisce che una larga parte della popolazione europea possa essere esposta a livelli di micotossine che, nel tempo, potrebbero risultare nocivi per la salute.

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Se un raccolto risulta contaminato oltre i limiti consentiti, non può essere commercializzato per il consumo umano e deve essere destinato ad altri usi o distrutto, con danni economici enormi per gli agricoltori che si trovano costretti a usare fungicidi in quantità crescente. Questo potrebbe avere un effetto collaterale ancora più pericoloso: la selezione di ceppi fungini resistenti ai trattamenti, con conseguente aumento delle infezioni difficili da contrastare, non solo nelle piante, ma anche negli esseri umani.

Gli esperti avvertono che l’intero continente europeo potrebbe assistere a un incremento esponenziale delle contaminazioni. In regioni dove le micotossine erano storicamente un problema limitato, come il Nord Europa, si registrano già aumenti significativi della loro presenza nei raccolti. Questo significa che anche le strategie di prevenzione devono adattarsi rapidamente alla nuova realtà climatica.

Nel tentativo di contenere il problema l’Unione Europea sta adottando un approccio integrato per affrontare il problema delle micotossine. Bisognerebbe trovare soluzioni seguendo il concetto di “One Health”, ovvero riconoscendo l’interconnessione tra salute umana, animale e ambientale, fondamentale per coordinare strategie efficaci. La sorveglianza dei livelli di micotossine non dovrebbe limitarsi agli alimenti, ma estendersi all’acqua, ai mangimi per animali e agli stessi esseri umani, per avere un quadro completo dell’esposizione e dei suoi effetti.

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Una delle strategie più promettenti è lo sviluppo di colture resistenti alle infezioni fungine attraverso la selezione genetica. Parallelamente, pratiche agricole più sostenibili, come la rotazione delle colture e l’uso di biocontrolli naturali, potrebbero ridurre la necessità di fungicidi chimici. Inoltre, l’impiego di modelli predittivi basati su dati climatici potrebbe aiutare a individuare con anticipo le aree più a rischio, consentendo interventi mirati.

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