L'Istat denuncia: aumentano gli italiani che rinunciano alle cure perché non hanno soldi

Nel 2023, il 7,6% della popolazione ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a un trattamento medico, rispetto al 6,3% registrato nel 2019.

L'Istat denuncia: aumentano gli italiani che rinunciano alle cure perché non hanno soldi
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5 Novembre 2024 - 13.04


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In crescita il numero di italiani che rinunciano alle cure. Nel 2023, il 7,6% della popolazione ha dichiarato di aver dovuto rinunciare a un trattamento medico, rispetto al 6,3% registrato nel 2019. La percentuale di chi ha rinunciato per le lunghe liste di attesa è salita al 4,5%, rispetto al 2,8% di cinque anni fa.

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Le rinunce per motivi economici hanno riguardato il 4,2% della popolazione, mentre quelle legate alla scomodità del servizio si sono attestate all’1%. L’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Istat, Francesco Maria Chelli, durante la sua audizione sulla Manovra, in cui ha citato i dati dell’indagine “Aspetti della vita quotidiana”, evidenziando le difficoltà di coloro che, pur necessitando di assistenza, hanno dovuto rinunciare a un accertamento diagnostico o a una visita specialistica.

2,4 milioni beneficiari in più taglio del cuneo fiscale

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 Dai calcoli presentati dall’Istat in audizione risulta poi che sono 2,4 milioni i lavoratori in più che nel 2025 beneficeranno del nuovo taglio del cuneo previsto dalla Manovra nella forma di bonus fino a 20mila euro e di detrazione da 20mila a 40mila euro. Complessivamente i beneficiari saranno 17,4 milioni. E’ quanto emerge dai calcoli presentati dall’Istat in audizione alle commissioni Bilancio. Nel dettaglio, i nuovi beneficiari saranno 2,9 milioni e riceveranno un beneficio medio di 576 euro l’anno. Scendendo nel dettaglio, per i lavoratori dipendenti con reddito complessivo, al netto della prima casa, non oltre i 20mila euro, il taglio porta un beneficio annuo di 544 euro: la misura interessa 7 milioni di persone per una spesa complessiva di 3,8 miliardi. Per i redditi oltre i 20mila euro e sotto i 40mila il taglio viene realizzato con un’ulteriore detrazione, rapportata al periodo di lavoro, pari a mille euro se il reddito è sotto i 32mila euro, mentre sopra si applica un meccanismo che riduce gradualmente la detrazione fino ad azzerarla a partire dai 40mila euro.

D’altro canto, circa 500mila individui lo perderanno: si tratta, spiega l’Istituto, di coloro che hanno un reddito di riferimento per i contributi sociali inferiore a 35mila euro e un reddito complessivo superiore a 40mila e che usufruivano della decontribuzione in vigore nel 2024. 

“Crescita acquisita ferma allo 0,4%, industria debole”

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 Quanto alla crescita, Chelli spiega che “l’attività industriale continua a mostrare segnali di debolezza. Nelle stime preliminari, la variazione nulla del Pil è la sintesi di una forte riduzione nel settore dell’industria, di un calo del valore aggiunto nel comparto dell’agricoltura e di una espansione in quello dei servizi. La crescita acquisita per il 2024, la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nell’ultimo trimestre dell’anno, resta ferma allo 0,4%”. 

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