Così l'enciclica 'Fratelli tutti' di Francesco è diventata una pietra miliare anche per i musulmani
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Così l'enciclica 'Fratelli tutti' di Francesco è diventata una pietra miliare anche per i musulmani

Dieci anni fa il terrorismo riuscì a portare a tale livello l’incomprensione tra Vaticano e al-Azhar da congelare il loro dialogo. Ma adesso...

Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad al-Tayyib (ap)
Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad al-Tayyib (ap)
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Riccardo Cristiano Modifica articolo

5 Febbraio 2021 - 10.14


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Quale sarà la pietra miliare di questo nostro tempo per l’imam della principale università islamica, quella di al-Azhar? La risposta è semplice: l’enciclica “Fratelli tutti” di Francesco. Eppure solo dieci anni fa il terrorismo riuscì a portare a tale livello l’incomprensione tra Vaticano e al-Azhar da congelare il loro dialogo. Roma chiedeva alla Comunità internazionale di proteggere i cristiani- non sapendo che dietro quella strage c’erano terroristi ma anche i servizi segreti- e al-Azhar percepiva un’attitudine coloniale, un’ostilità.

Otto anni dopo però c’è stata la firma ad Abu Dhabi del Documento sulla fratellanza umana da parte di Papa Francesco e del Grande Imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyeb e ieri il mondo ha celebrato, nell’anniversario dell’impensabile cerimonia, la prima giornata mondiale della fratellanza, che per Francesco è la nuova frontiera. 
E’ importante però premettere un breve passaggio del discorso di Ahmad al-Tayyeb:  “Spero che il 4 febbraio sarà ogni anno un campanello d’allarme per il mondo e i suoi leader che li spinga a consolidare i principi della fratellanza umana. […] Mi impegno con il volere di Dio a continuare per il resto della mia vita a lavorare con mio fratello Papa Francesco, con i miei fratelli studiosi di ogni religione e con ogni sostenitore della bontà e della pace per rendere i principi della fratellanza umana una realtà in tutto il mondo”.
 Quando lo sceicco di al-Azhar dice “con i miei fratelli studiosi di ogni religione” pensa evidentemente anche agli ebrei, anche al grande ayatollah al-Sistani, che potrebbe firmare quello stesso documento a marzo con Papa Francesco. Non è interessante questo?
E’ interessante anche quel che ha detto Francesco, che ha aperto il suo discorso con la parola “sorelle” e aggiungendo poi:  “questa è la parola: sorelle e fratelli”. Nell’idea di unità umana, come di unità della parola, c’è il seme della differenza fondante.  Siamo fratelli e sorelle perché siamo diversi, e siamo uguali proprio perché queste diversità si completano vicendevolmente. E così ha proseguito  rivolgendosi sempre ad al-Tayyeb: “la Sua testimonianza mi ha aiutato molto perché è stata una testimonianza coraggiosa. So che non era un compito facile. Ma con Lei abbiamo potuto farlo insieme, e aiutarci reciprocamente. La cosa più bella è che quel primo desiderio di fratellanza si è consolidato in vera fratellanza. Grazie, fratello, grazie!” Difficile capire se non si considera che dopo secoli la massima autorità teologica dell’Islam sunnita ha sottoscritto solennemente che le nostre diversità sono parte del sapiente disegno divino. Quindi è arrivato il passaggio decisivo: “Oggi la fratellanza è la nuova frontiera dell’umanità. O siamo fratelli o ci distruggiamo a vicenda. Oggi non c’è tempo per l’indifferenza. Non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la non-curanza, col disinteresse. O siamo fratelli – consentitemi –, o crolla tutto. È la frontiera. La frontiera sulla quale dobbiamo costruire; è la sfida del nostro secolo, è la sfida dei nostri tempi”. 
Bergoglio, che dall’inizio della pandemia ripete costantemente che siamo tutti sulla stessa barca, non ha fatto riferimento esplicito a questa sfida che semina paura, dubbi e solitudini. E infatti prosegue così: “Fratellanza vuol dire mano tesa; fratellanza vuol dire rispetto. Fratellanza vuol dire ascoltare con il cuore aperto. Fratellanza vuol dire fermezza nelle proprie convinzioni. Perché non c’è vera fratellanza se si negoziano le proprie convinzioni.
Siamo fratelli, nati da uno stesso Padre. Con culture, tradizioni diverse, ma tutti fratelli. E nel rispetto delle nostre culture e tradizioni diverse, delle nostre cittadinanze diverse, bisogna costruire questa fratellanza. Non negoziandola”. Il tempo che viviamo è un tempo di diffuse paure e chiusure, di assuefazione “realista” alle guerre degli altri, ma anche alle carestie degli altri, alle marginalizzazioni degli altri, al diniego: “Diciamolo bene: o fratelli o nemici. Perché la non-curanza è una forma molto sottile d’inimicizia. Non c’è bisogno di una guerra per fare dei nemici. Basta la non-curanza. Basta con questa tecnica – si è trasformata in una tecnica –, basta con questo atteggiamento di guardare dall’altra parte, non curandosi dell’altro, come se non esistesse”. 
Le società complesse chiedono di ricostruirsi per prime intorno alla comune cittadinanza, e il mondo multipolare che propone Bergoglio unisce queste società di cittadini in una cittadinanza umana universale tra Paesi diversi, culture diverse, che solo insieme costituiscono un tutto più grande.

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