Sapevate che il grano tenero è il primo Ogm della storia dell'umanità?

Svelato l'"identikit" del frumento dopo che una equipe di scienziati ha decifrato il Dna e scoperto che solo il grano duro è 'originale', mentre il tenero è frutto di un incrocio di 10.000 anni fa

Grano
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2 Maggio 2019 - 12.23


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Farro e frumento duro sono stati selezionati in maniera indipendente l’uno dall’altro mentre il grano tenero è frutto di un incrocio tra un frumento duro (e non un farro) e Aegilops tauschii (una pianta erbacea) e, solo successivamente, dal frumento tenero si evolve il frumento spelta che, di conseguenza, è il frumento di più recente origine.

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Sono queste le principali conclusioni cui è giunto uno studiocondotto da un consorzio internazionale di ricercatori che ha avuto come obiettivo decifrare il DNA delle varie specie di frumento per capirne la storia evolutiva piuttosto complessa che ha caratterizzato questo gruppo di piante da cui dipende gran parte dell’alimentazione dell’umanità. 

Unici italiani che hanno partecipato alla ricerca, quelli del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria. Il consorzio internazionale, finanziato dal progetto europeo WHEALBI, ha parzialmente risequenziato per la prima volta ben 500 linee di frumento, per capire come 10.000 anni di selezione naturale, adattamento all’ambiente e selezione umana hanno portato oggi al cereale più coltivato al mondo, così come lo conosciamo.

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Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista “Nature Genetics” è firmato da oltre 29 autori di 8 diversi paesi, tra cui, appunto, due ricercatori italiani, Alessandro Tondelli e Luigi Cattivelli, del CREA Genomica e Bioinformatica, che hanno organizzato la caratterizzazione di campo ed analizzato i relativi dati di tutti frumenti utilizzati nel lavoro.

Il grano tenero ha un “supergenoma” – responsabile della sua straordinaria capacità di adattamento ambientale – e si è evoluto tramite due eventi di ibridazione naturali. Il primo, circa mezzo milione di anni fa, da cui si sono originati tutti i frumenti duri, è il risultato di un incrocio tra due specie di frumento selvatico: una del genere Aegilops, oggi probabilmente estinta, e il Triticum urartu.

Il secondo, risale a circa 10.000 anni fa, e coinvolge un discendente del primo incrocio e un altro frumento selvatico (Aegilops tauschii) ed è proprio allora che ha origine il grano tenero. I ricercatori hanno sequenziato parzialmente il genoma dei circa 500 frumenti che rappresentano la diversità genetica globale dei frumenti (monococchi, farri, duri, teneri, spelta, moderni, antichi, popolazioni locali, coltivati e selvatici) per capire da quale frumento antico, selvatico, monococco o farro derivano i geni che abbiamo nei frumenti moderni e come sono giunti sino a noi.

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In generale, viene confermato quanto già noto sulla storia evolutiva dei frumenti, anche se si chiariscono alcuni dettagli sinora molto controversi. E’ emerso che il farro ed il frumento duro sono stati selezionati a partire dai farri selvatici in parallelo ed indipendentemente l’uno dall’altro e non uno successivamente all’altro (il farro coltivato dal farro selvatico e poi il duro a partire dal farro coltivato), come si era sempre creduto.

Allo stesso modo, il frumento tenero deriva da un incrocio tra un frumento duro (e non un farro) e A. tauschsii e, solo successivamente, dal frumento tenero si evolve il frumento spelta che, di conseguenza, è il frumento di più recente origine. Infine, un’analisi accurata dei frumenti teneri moderni suggerisce una suddivisione genetica tra i frumenti dei paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale, un effetto collaterale della guerra fredda, che ha bloccato per decenni lo scambio di germoplasma tra paesi NATO e Paesi del patto di Varsavia.

“Abbiamo individuato i geni che hanno reso e rendono differente una varietà o una popolazione locale di grano tenero dall’altra – spiega Luigi Cattivelli, uno dei due autori italiani della ricerca nonché direttore del CREA Genomica e Bioinformatica – un risultato importante che ci permette di conoscere a fondo la biodiversità e quindi di preservarla al meglio, fornendoci anche un prezioso patrimonio di informazioni genetiche da utilizzare per migliorare in modo sostenibile una coltura che costituisce l’alimento base per oltre un terzo della popolazione umana mondiale”. 

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