Parliamo davvero di una storia infinita. Quella dell'[url”attesa dell’apertura di nuovi casinò terrestri in Italia”]http://it.vegasmaster.com/apertura-di-nuovi-casino-italiani/[/url] è una saga che va avanti praticamente da decenni e che ha tra i suoi personaggi vari partiti, il governo nazionale, i più disparati governi locali ai quattro angoli della penisola e diverse organizzazioni di categoria.
Partiamo da queste ultime: c’è la Federgioco, organizzazione affiliata a Confcommercio che rappresenta i quattro casinò italiani già esistenti (Sanremo, Campione, Venezia e Saint Vincent), e c’è l’Anit (Associazione Nazionale per l’Incremento Turistico), che rappresenta i comuni che si candidano a essere le nuove sedi nei casinò. Le due organizzazioni fanno entrambe lobbying. La prima vuole aprire nuove sale da gioco sul territorio e affidarle alla gestione dei privati, mentre la seconda vuole mantenere il monopolio pubblico e impedire nuove concessioni.
Poi, dicevamo, ci sono i governi locali. I casinò portano soldi. O almeno questa era una certezza fino a prima della crisi economica. Da allora, il loro bacino di affari si è notevolmente ridotto. Colpa della minore capacità di spesa del pubblico, del boom delle slot machine e delle VLT, della legalizzazione del gioco online e della maggiore accessibilità dei casinò in altri paesi, in particolare in Slovenia, in Svizzera e a Malta. Tuttavia, sono ancora molti i territori che non hanno abbandonato il progetto di avere un loro casinò.
È il caso della Sicilia. Per soli due anni tra il 1963 e il 1964, la Sicilia ha avuto il suo casinò, a Taormina. Poi è stato chiuso e da allora, sostengono alcuni, i governi hanno privilegiato il nord, rilasciando le concessioni solo nel settentrione. Di recente il movimento Sicilia in Volo ha lanciato una [url”petizione per aprire tre casinò in Sicilia”]http://www.agimeg.it/?p=81563[/url], l’ultima iniziativa di una lunghissima serie. Se ne parla da sempre e l’Assemblea regionale siciliana ha addirittura votato un ddl per aprire due casinò, uno a Taormina e uno a Palermo, ma l’ok dal governo nazionale non è mai arrivato.
Nell’ultimo anno, però, il clima a Roma sembra un po’ cambiato. Come sostiene un [url”articolo di Panorama”]http://www.panorama.it/economia/nuovi-casino-ecco-perche-renzi-ci-pensa/[/url], le istanze di chi vuole nuove aperture potrebbero riuscire a fare breccia in Parlamento. Sono ben 14 le richieste, e nuove concessioni potrebbero comparire nelle proposte di legge in arrivo. Il governo ha bisogno di fare cassa e di dare respiro ai comuni, azzoppati dai tagli. Dall’altra parte però ci sono i sempre più forti movimenti di lotta al gioco d’azzardo.
Le 14 richieste, come dicevamo,riguardano comuni che si trovano davvero sparsi su tutta la penisola. Si va dalla Toscana (Porto Azzurro, Bagni di Lucca, Montecatini Terme, Chianciano), al Piemonte (Acqui Terme, Stresa e Salice); dalla Calabria (Tropea) al Friuli (Grado e Lignano Sabbiadoro), dalla Campania (Ischia, Capri e Sorrento) fino a Lazio (Anzio), Puglia (Fasano), Trentino (Merano), Lombardia (San Pellegrino).
Scopriremo se il governo è intenzionato a portare a compimento qualcuno di questi progetti, o se vuole continuare a farli rimanere solo proposte senza alcun seguito. Nel frattempo i casinò italiani già esistenti studiano nuove strategie per sopravvivere alla crisi, puntando sulle attività culturali e di intrattenimento (concerti, spettacoli, feste di Capodanno e di Carnevale, ecc), sulla ristorazione e sui convegni, per attirare una clientela non necessariamente dedita al gioco.