Un gruppo di circa 170 riservisti ed ex riservisti del prestigioso programma di ricerca e sviluppo delle Forze di Difesa Israeliane (IDF), noto per il suo ruolo nell’innovazione tecnologica e strategica, ha pubblicato una lettera aperta chiedendo la cessazione immediata delle ostilità a Gaza e il ritorno degli ostaggi ancora detenuti.
La lettera, diffusa attraverso i media israeliani e internazionali, rappresenta un ulteriore segnale di dissenso all’interno delle forze armate israeliane, seguendo un appello simile lanciato la settimana precedente da circa 1.000 membri attivi e in pensione dell’Aeronautica Militare.
Nella loro dichiarazione, i firmatari sottolineano che “salvare ostaggi civili e soldati è un imperativo morale fondamentale”, radicato nei valori etici e culturali che hanno guidato la loro formazione. Essi esprimono profonda preoccupazione per la direzione attuale del conflitto, sostenendo che “la guerra serve principalmente interessi politici e personali, piuttosto che rispondere a reali esigenze di sicurezza nazionale”. La lettera critica inoltre i tentativi di mettere a tacere le voci dissenzienti, denunciando una crescente intolleranza verso chi esprime opinioni contrarie alla linea ufficiale.
Secondo quanto riportato da Haaretz, uno dei principali quotidiani israeliani, i 170 firmatari appartengono a un’unità d’élite specializzata in ricerca e sviluppo, il che conferisce al loro appello un peso significativo all’interno della comunità militare e tecnologica del paese. La loro posizione si allinea a quella espressa in precedenza dai riservisti dell’Aeronautica, che avevano chiesto un accordo per il rilascio degli ostaggi, anche a costo di un cessate il fuoco immediato, suscitando un acceso dibattito politico in Israele.
Fonti internazionali, come Al Jazeera e The Jerusalem Post, riportano che questo movimento di dissenso interno si inserisce in un contesto di crescente polarizzazione in Israele, dove la gestione della guerra a Gaza e la questione degli ostaggi sono temi altamente controversi. La lettera dei riservisti arriva in un momento in cui le operazioni militari israeliane si sono intensificate, con l’IDF che ha ripreso offensive su larga scala dopo la rottura di un cessate il fuoco di due mesi con Hamas. Secondo il Ministero della Salute di Gaza, gestito da Hamas, le recenti operazioni hanno causato centinaia di morti, aggravando ulteriormente la crisi umanitaria nell’enclave.
La reazione delle autorità israeliane è stata decisa. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e il Ministro della Difesa Israel Katz hanno difeso la legittimità della guerra, definendo le critiche dei riservisti come marginali e inappropriate. Katz, in particolare, ha ribadito che l’obiettivo primario rimane la liberazione degli ostaggi e la sconfitta di Hamas, descritto come un’organizzazione terroristica responsabile della sicurezza dei captives. Tuttavia, i familiari degli ostaggi e alcune organizzazioni civili, come il Forum delle Famiglie degli Ostaggi, hanno espresso sostegno alle richieste dei riservisti, sottolineando che solo un accordo diplomatico può garantire il ritorno sicuro dei prigionieri.
Questo nuovo appello segue un episodio controverso in cui l’IDF ha annunciato il licenziamento di alcuni riservisti dell’Aeronautica che avevano firmato la lettera precedente, una mossa che ha suscitato critiche per il suo impatto sulla libertà di espressione all’interno delle forze armate. Secondo PBS News, l’esercito israeliano ha giustificato la decisione sostenendo che i riservisti in servizio attivo non possono sfruttare il loro status militare per esprimere posizioni politiche, poiché ciò comprometterebbe la fiducia tra comandanti e subordinati.
Nonostante le tensioni interne, il governo israeliano continua a insistere sulla strategia di pressione militare per ottenere la liberazione degli ostaggi, con operazioni che includono la creazione di corridoi strategici, come il Morag Corridor, e l’espansione delle zone sotto controllo militare a Gaza. Tuttavia, le crescenti voci di dissenso tra i riservisti indicano una frattura significativa all’interno della società e delle forze armate israeliane, con sempre più persone che chiedono una soluzione negoziata per porre fine al conflitto e riportare a casa gli ostaggi.
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