Gastone Breccia: "Putin non si fermerà, l’Europa deve riarmarsi o accettare una nuova sudditanza"

Gastone Breccia è uno storico militare e docente all'Università di Pavia e all'Accademia Militare di Modena. Specializzato in Storia Bizantina, ha esteso i suoi interessi alle guerre antiche, alla guerriglia, alle guerre della Russia e alla Seconda Guerra

Gastone Breccia: "Putin non si fermerà, l’Europa deve riarmarsi o accettare una nuova sudditanza"
Gastone Breccia
Preroll AMP

Marco Buttafuoco Modifica articolo

9 Aprile 2025 - 20.33


ATF AMP

Top Right AMP

Gastone Breccia, storico militare, insegna all’Università di Pavia e all’Accademia Militare di Modena, dopo essersi occupato a lungo di Storia Bizantina. Dal 2009 ha esteso i suoi interessi a tematiche militari, spaziando dalle guerre dell’antichità alla guerriglia, dalle guerre della Russia all’epopea di Nelson, dalla Prima alla Seconda Guerra Mondiale. Di quest’ultimo conflitto parla la sua ultima pubblicazione L’ultimo inverno di guerra (Il Mulino, 2024).

Con lui abbiamo tentato di delineare l’attuale, confuso e decisivo momento storico, nella consapevolezza, tuttavia, della difficoltà di fissare linee di tendenza chiare. Tutto sembra muoversi a velocità inconcepibili.

Dynamic 1 AMP

Cominciamo con la guerra in Ucraina. Dopo il colloquio surreale della Casa Bianca, la sorte di questo paese sembrava segnata dalla prossima disfatta. Ma già da molto prima varie voci parlavano di una vittoria russa certa e schiacciante.

Il campo non racconta questa realtà. Chi parla di disfatta di Kyiv in realtà adotta la narrazione russa, trascurando altre voci e altre fonti. Basterebbe guardare a quanto succede sul fronte di Pokrovsk per capire questo concetto. I russi non solo non sono riusciti a conquistarla, ma nelle ultime settimane hanno perso terreno.

Certo, la diversione ucraina sul Kursk si è tradotta in una sostanziale sconfitta per il governo di Kyiv. Ma anche in questo caso di manifesto successo russo sono circolate voci di molte unità ucraine accerchiate senza rimedio. Notizia falsa. Le bandiere giallo-blu si sono ritirate in maniera ordinata dal territorio russo che avevano occupato, senza che si possa parlare di rotta o disfatta.

Dynamic 1 AMP

Mosca sta conducendo da almeno due anni una guerra d’attrito, estremamente logorante per il nemico, ma anche per le proprie forze. In realtà, la Russia può permettersi di perdere molte risorse umane e materiali. Sappiamo bene che sul terreno la maggioranza delle truppe di Putin non è composta da russi in senso stretto, ma da soldati di popolazioni di remote repubbliche siberiane e caucasiche, considerate “inferiori” e quindi evidentemente “spendibili”. Sono anche stati arruolati migliaia di criminali comuni, il cui periodo di ferma è in scadenza. Sarà interessante vedere come verranno reinseriti nella società.

I russi sono comunque in grado di sostenere perdite — non dico da Seconda guerra mondiale, ma in ogni caso superiori a quelle di qualsiasi altro Paese, Ucraina in primis. Certo, l’economia russa ancora regge, anche grazie alla vendita di materie prime in mercati che non hanno applicato le sanzioni occidentali. Io non sono un economista, ma mi sembra di poter dire che Putin, in un prossimo futuro, avrà difficoltà a riconvertire un’economia oramai basata sullo sforzo bellico. Oltretutto, mi sembra da escludere che Putin voglia fermarsi, anche dopo un eventuale accordo di pace.


Ma qual è il vero piano di Putin? Cosa sta cercando veramente?

Dynamic 1 AMP

Credo che l’Europa possa e debba temere ancora “operazioni militari speciali”. L’obbiettivo russo non è certo quello di occupare Berlino. Il pericolo che i cosacchi, come si diceva una volta, abbeverino i propri cavalli alla fontana di piazza San Pietro è inesistente. L’attuale dirigenza del Cremlino vuole solo ripristinare l’influenza russa su parti del vecchio impero zarista (e poi sovietico) che le sono sfuggite dopo il crollo dell’URSS. Magari riconquistando quegli sbocchi al mare che, già dai tempi di Pietro il Grande, sono una vera e propria ossessione della politica russa.

Sono le parole di Putin a raccontare questa strategia, non fonti di chi sa quale servizio occidentale. Teniamo conto che Vilnius, per fare un esempio, dista circa 40 km dal confine russo e può essere attaccata da più fronti e circondata in mezza giornata. Non è detto che Putin la voglia occupare. Potrebbe “accontentarsi” di instaurarvi un governo collaborazionista, magari appoggiato dalle comunità russofone presenti nei tre Stati baltici. Senza contare la possibilità di condurre una campagna di guerra ibrida, basata su azioni ostili che si mantengano però al di sotto dell’orizzonte della guerra aperta.


Tutto questo accade nel momento in cui gli USA di Trump hanno adottato una politica isolazionista, venata di disprezzo verso gli europei. Lei come vede la questione del riarmo?

Dynamic 1 AMP

L’Europa, se vuole mantenere il suo progetto politico, non può permettersi di vedersi portar via interi territori. La caduta probabile del concetto stesso di atlantismo induce al riarmo. Certo, si può anche accettare una prospettiva di “laissez-faire” militare nei confronti della Russia. Si può rassegnarsi all’idea di pagare, in cambio della pace, una certa sudditanza. Alcuni dicono che, in fin dei conti, siamo stati vassalli degli Stati Uniti per ottant’anni. Io non riesco a condividere queste posizioni.

Senza una politica militare di difesa e deterrenza non si va politicamente da nessuna parte. L’ho sostenuto in più occasioni e continuo a sostenerlo. Putin è stato chiaro. Non possiamo ignorarlo. George Orwell scrisse, in Omaggio alla Catalogna, che il pacifismo finiva per fare gli interessi del fascismo. Con le dovute differenze, sono parole spendibili anche nella situazione attuale.


Alla fine degli anni ’60 circolava un aforisma maoista secondo cui la bomba atomica era una tigre di carta. È ancora vero?

Dynamic 1 AMP

È sostanzialmente vero. Chi oggi osasse usare ordigni nucleari su un territorio qualsiasi, non solo si esporrebbe alla possibilità di terrificanti rappresaglie, ma pagherebbe anche un prezzo politico non sostenibile. Putin potrebbe forse avere la solidarietà della Corea del Nord, ma non credo che un leader voglia passare alla storia come il criminale assoluto.


Come vede la possibilità di un accordo definitivo sull’Ucraina?

Non la vedo, allo stato attuale. A parte la chiara volontà di Putin di proseguire il conflitto in corso, la guerra fra i due Stati risale perlomeno al 1918, con la guerra d’indipendenza tentata dagli Ucraini dopo la rivoluzione, cui parteciparono non solo i nazionalisti veri e propri. Uno dei maggiori protagonisti di quello scontro fu l’armata anarchica di Nestor Machno, un contadino russofono che inflisse severe sconfitte sia all’Armata Rossa sia a quella Bianca filo-zarista.

Dynamic 1 AMP

Il loro modo di combattere è oggetto di studio fra gli esperti di cose militari: usavano i loro carri contadini come in anni recenti i miliziani islamici hanno impiegato i pick-up armati, colpendo e sganciandosi rapidamente, sfruttando l’effetto sorpresa e una mobilità e potenza di fuoco localmente superiori a quelle dell’avversario.

Le radici della guerra di oggi affondano ben oltre Maidan, e lo stesso Stepan Bandera non ebbe la rilevanza che la propaganda russa gli attribuì in seguito.


Siamo in vista di una nuova Yalta?

Dynamic 1 AMP

Putin e Trump lo vorrebbero. Al momento, un accordo simile sarebbe anche possibile, con un’Europa così debole. Churchill non fu il protagonista di quell’accordo; aveva capito che all’Inghilterra, molto indebolita da due guerre mondiali, rimaneva da giocare qualche carta solo in India.

Rimane l’incognita della Turchia. Non credo che nella visione di Erdogan ci sia posto per un Mediterraneo dove Ankara abbia poca voce in capitolo. Non ho ben capito perché abbia voluto, dopo la firma del trattato con il PKK, aprire un fronte interno così pericoloso. D’altronde, Imamoglu è il rappresentante di un rinascente kemalismo, una tendenza della società turca più laica dell’islamismo di Erdogan, ma forse non meno turco-centrica.

Istanbul rimane una grande incognita della politica mondiale. Come lo è Israele, cui Trump ha lasciato mano libera per un progetto — l’occupazione di Gaza — che militarmente appare insostenibile, oltre ad essere contrario al diritto internazionale. A volte pare che Israele si sia rassegnato a una guerra infinita. D’altronde, Netanyahu lega la propria sopravvivenza politica alla questione della guerra.

Dynamic 1 AMP

Sono tempi difficili da decifrare con le categorie tradizionali.

FloorAD AMP
Exit mobile version