I media libici, che già nelle prime ore di ieri annunciavano il prossimo ritorno a Tripoli del generale Najeem Osema Almasri Habish «per essere processato come prevedono gli accordi Italia-Libia sui prigionieri», avevano previsto con precisione l’evolversi degli eventi. Alle 21:42, il comandante della polizia giudiziaria e responsabile del centro di detenzione di Mitiga, fermato a Torino sabato su mandato della Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, era già libero e accolto con festeggiamenti, inclusi fuochi d’artificio.
Una scarcerazione controversa
L’intera vicenda è stata giustificata da un «errore procedurale», come definito dai giudici della Corte d’appello di Roma. L’errore avrebbe invalidato l’arresto, portando alla scarcerazione del generale e al suo rientro in Libia su un volo italiano decollato da Torino alle 19:51. Tuttavia, il viaggio sembrava deciso in anticipo, considerando che l’aereo era partito da Ciampino verso Torino già alle 11:14, ore prima della comunicazione ufficiale delle 16 da parte del ministero della Giustizia.
Mancata comunicazione al ministro
Secondo i giudici, la mancata notifica preventiva al ministro della Giustizia ha rappresentato un grave vizio di procedura. L’arresto del generale, infatti, non è stato comunicato al ministro Nordio fino a lunedì, quando Almasri era già detenuto nel carcere de Le Vallette. Questa lacuna ha messo il governo italiano in una posizione delicata: rispettare le richieste della Corte penale internazionale o mantenere relazioni con la Libia, cruciale per il controllo dei flussi migratori, che proprio lunedì hanno visto 500 nuovi arrivi a Lampedusa.
Reazioni politiche
La decisione ha scatenato forti critiche da parte delle opposizioni. «Il governo chiarisca immediatamente perché Almasri è stato scarcerato e lasciato andare», ha dichiarato la segretaria del Pd, Elly Schlein. Matteo Renzi e altri esponenti dell’opposizione, tra cui Riccardo Magi e Angelo Bonelli, hanno parlato di «vergogna» e chiesto chiarimenti urgenti al Parlamento.
Cronologia dei fatti
Dalla lettura dell’ordinanza emerge un quadro dettagliato degli eventi. Il 18 gennaio, la Corte penale internazionale emette un mandato di cattura contro Almasri per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi dal 15 febbraio 2011 nella prigione di Mitiga, punibili con l’ergastolo.
La sera stessa, Almasri si trova a Torino e assiste alla partita Juve-Milan con tre amici. Viene fermato dalla Digos su segnalazione dell’Interpol e posto in custodia. Tuttavia, la Procura generale di Roma, informata solo il 20 gennaio, chiede ai giudici di non convalidare l’arresto, ritenendo l’operazione «irrituale».
Un caso emblematico
L’ordinanza della Corte d’appello sottolinea che l’arresto non è stato preceduto dalle necessarie interlocuzioni con il ministero della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale. Le conclusioni sono chiare: «Non ricorrono le condizioni per la convalida e, conseguentemente, per una richiesta volta all’applicazione della misura cautelare. Ne deriva la immediata scarcerazione del pervenuto».
Così, i crimini commessi nel lager di Mitiga rimangono ancora lontani dal banco degli imputati dell’Aia.