Il Cremlino dice che le capitali dell'Europa possono essere potenziali obiettivi di ritorsione

Il Cremlino ha avvertito che l'iniziativa americana di mettere missili a lungo raggio in Germania autorizza la Russia a designare come «potenziali» obiettivi di ritorsione le «capitali» del Vecchio Continente.

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13 Luglio 2024 - 23.19


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 Mosca alza ulteriormente il tiro nei confronti dell’Europa in risposta alla decisione degli Stati Uniti di dispiegare missili a lungo raggio in Germania. Dopo aver denunciato «un ritorno alla guerra fredda» ed aver promesso una «risposta militare», il Cremlino ha avvertito che l’iniziativa americana autorizza la Russia a designare come «potenziali» obiettivi di ritorsione le «capitali» del Vecchio Continente. Sul fronte opposto Kiev, nonostante abbia incassato nuovi aiuti militari dai partner al vertice della Nato di Washington, si prepara a fare i conti con una realtà ben più problematica: gli F16 promessi, che inizieranno ad arrivare in estate, dovrebbero essere molti meno rispetto alle aspettative ucraine.

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Il piano americano sui missili a lungo raggio in Germania non scatterà immediatamente, ma soltanto a partire dal 2026, prima in modo episodico e poi duraturo. Ma è bastato l’annuncio, formalizzato al summit dei leader dell’Alleanza Atlantica, per scatenare una serie di durissime reazioni da parte dei vertici russi. Dmitry Peskov, in un’intervista ad una tv nazionale, ha parlato di una situazione «paradossale»: gli Usa «hanno schierato una varietà di missili di diversa gittata in Europa, che sono tradizionalmente puntati sul nostro Paese, e di conseguenza il nostro Paese ha designato le località europee come obiettivi per i nostri missili». Una corsa all’escalation, secondo il Cremlino, che però ha ostentato sicurezza, minacciando i partner di Washington: «Abbiamo abbastanza capacità di deterrenza sui missili americani in Europa. È già successo in passato. Tuttavia, le potenziali vittime sono le capitali di quei Paesi».

A questa retorica sempre più aggressiva d’altra parte fa da contraltare la volontà del Cremlino di tenere aperto un canale di dialogo con Washington. Non a caso ieri il ministro della Difesa Andrei Belousov ha parlato al telefono di questo dossier con il capo del Pentagono Lloyd Austin. Un colloquio chiesto dai russi, ha fatto sapere Mosca, per discutere su «come prevenire minacce alla sicurezza e ridurre il rischio di una possibile escalation». I due si erano già sentiti il mese scorso.

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La crescente contrapposizione con l’Occidente viene alimentata dalla Russia anche internamente. Ne è prova la legge firmata da Putin che impedisce ai parlamentari russi di andare all’estero senza un’autorizzazione. Pena, la perdita del loro incarico alla Duma o al Senato. Una stretta motivata come misura protettiva, per evitare «azioni penali illegittime in giurisdizioni ostili», che potrebbero tradursi in «arresti o sanzioni».

Sul campo ucraino intanto c’è cauta attesa sugli sviluppi del conflitto e soprattutto sulla tenuta del blocco occidentale al fianco di Kiev. Significativo, da questo punto di vista, il commento di Volodymyr Zelensky ai giornalisti che gli chiedevano conto sulla gaffe (l’ennesima) di Joe Biden, che ha presentato il leader ucraino come Putin. «Gli Stati Uniti ci hanno dato molto sostegno», quindi «credo che possiamo dimenticare alcuni errori», ha spiegato il leader ucraino. Che potrebbe non ricevere la stessa attenzione dalla Casa Bianca se dovesse tornare Donald Trump. Zelensky nel frattempo, dopo la tappa al summit Nato, la prossima settimana dovrebbe volare in Gran Bretagna per continuare a tenere alta l’attenzione degli alleati. L’occasione sarà la riunione di Blenheim Palace in Inghilterra, giovedì: il quarto incontro della Comunità politica europea, piattaforma di dialogo estesa ai Paesi extra Ue nata su spinta di Parigi all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina.

Le preoccupazioni di Kiev in questa fase sono legate agli F-16. Secondo fonti della Nato, l’invio dei caccia sarebbe tormentato da ritardi, problemi sui pezzi di ricambio e dalla barriera linguistica tra piloti ucraini e addestratori stranieri. E si teme inoltre che l’Ucraina non abbia abbastanza piste e che quelle disponibili siano troppo vulnerabili agli attacchi russi. Il risultato è che Kiev potrebbe essere in grado di schierare uno squadrone di F-16 da 15 a 24 jet: ben al di sotto dei 300 richiesti. Entro quest’estate, tra l’altro, potrebbero arrivarne appena 6.

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