Già nel maggio del 1994, due mesi dopo l’uccisione di Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin a Mogadiscio, i servizi segreti italiani avevano già avanzato l’ipotesi che ci fosse un traffico d’armi dietro la morte dei due giornalisti.A mettere l’ipotesi nero su bianco è nientemeno che il Sisde, il servizio segreto interno della Repubblica. Che in un’informativa riservata del maggio 1994 suggerisce anche i nomi di quattro possibili mandanti. Tutti somali. Non solo. Le fonti del Sisde puntano subito il dito contro la cooperativa italo-somala Somalfish, sui cui pescherecci sarebbero transitate le armi.
In quell’informativa si delinea subito il filo d’Arianna che attraversa la vicenda Alpi-Hrovatin e la fitta coltre di misteri che da 20 anni la circonda. Quelle carte, decine di faldoni, sono ora state desecretate dal governo. Ciò che emerge è che il servizio segreto interno, grazie a non meglio precisate “fonti fiduciarie”, segue l’evolversi della vicenda e indica il colonnello Mohamed Sheikh Osman (trafficante d’armi del clan Murasade), Said Omar Mugne (amministratore della Somalfish), Mohamed Ali Abukar e Mohmaed Samatar come “probabili mandanti” dell’omicidio. Fatale, per i due reporter, sarebbe stato il viaggio al porto di Bossaso, dove sarebbero saliti a bordo della motonave “21 ottobre”, vascello della Somalfish, e avrebbero documentato una partita d’armi marchiata CCCP.
Ma non è tutto. Tra gli incartamenti desecretati c’e’ anche la nota del Sisde, sempre del 1994 e la cui esistenza è già emersa nel corso dei processi, in cui si indicavano come “mandanti o mediatori tra mandanti ed esecutori del duplice omicidio”, il faccendiere Giancarlo Marocchino ed Ennio Sommavilla, un altro connazionale ben introdotto in Somalia. Per i servizi questi due personaggi potrebbero essere coinvolti in traffici “più o meno leciti” di ogni tipo, tra cui il contrabbando d’armi. In particolare, la fonte del Sisde – che raccoglie le voci dei beneinformati di Mogadiscio, senza però fornire ‘pistole fumanti’ – vede Marocchino e il connazionale come “mandanti o mediatori tra mandanti ed esecutori del duplice omicidio”.
A questo punto il Sisde tira il freno a mano. E gira la missiva al Sismi (e solo al Sismi), il servizio segreto esterno della Repubblica. Come si evince da un memorandum compilato dal Sisde nel 2002 per il Copaco in merito alla vicenda Alpi-Hrovatin, il Sismi di fatto stoppa i ‘cugini’ smentendo la veridicità delle affermazioni riportate nell’informativa.
Nel memorandum del 2002 compilato dal Sisde si mettono diversi puntini sulle ‘i’: è una sorta di ‘bigino’ del caso Alpi-Hrovatin. Innanzitutto ci si sofferma sul ruolo di Mugne, l’amministratore della Somalfish. Già uomo forte di Barre in Italia, dove studia e quindi prende casa, a Bologna, è di fatto il dominus che gestisce il traffico d’armi verso la Somalia attraverso i pescherecci della società. I servizi lo segnalano come parte attiva in un traffico di artiglieria leggera e kalashnikov verso il suo paese natale nel dicembre del 1994. Ascoltato dai magistrati che hanno indagato sul caso, ha sempre negato ogni coinvolgimento.
Nel rapporto torna poi la figura di Marocchino. Se, però, il servizio di intelligence estero smentisce un suo ruolo diretto nell’affaire Alpi-Hrovatin, non ne esclude uno “indiretto”. Ovvero “la complicità da parte del capo della sicurezza di Marocchino agli esecutori del duplice omicidio, all’insaputa dello stesso Marocchino”.
Questione chiusa? No. A fine ’96, spunta un’altra informativa, stavolta del Sismi, nella quale si sottolinea che, secondo ambienti dell’Olp, il mandante dell’omicidio di Ilaria Alpi e del suo operatore Miran Hrovatin sarebbe stato il generale Aidid, signore della guerra somalo, utilizzatore finale del traffico d’armi, poi ‘stornato’ in Yemen per i reduci afghani. Marocchino sarebbe stato implicato nel traffico, usando per lo scopo alcune navi della cooperazione Italia-Somalia.
Marocchino ha sempre negato ogni addebito e i processi che si sono svolti non lo hanno toccato ed anzi è stato parte offesa per calunnia.
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