Il dovere dell’indignazione. Sì, dovere. Che è molto di più del “diritto”. Il dovere di provare un moto di ripulsa di fronte a video, come quello del ragazzino torturato in un carcere-lager libico, con i suoi aguzzini che ridono mentre il ragazzino invoca piangendo pietà. La destra fa il suo mestiere.
Alimentare l’insicurezza, costruire una narrazione demonizzante del migrante invasore, per tornaconto elettorale. Demonizzare, criminalizzare, fare a gara a chi la spara più grossa: Giorgia Meloni con la pericolosa scemenza del blocco navale nelle coste libiche o Matteo Salvini con i suoi sproloqui securisti. La destra fa il suo mestiere. Lo stesso non si può dire per il centrosinistra. Tranne voci isolate, a dominare è il politicamente corretto. Il che significa rincorrere la destra sul suo terreno. E chi gioca di rimessa quasi sempre, ma forse quel quasi va tolto, è destinato alla sconfitta.
Perché tra l’originale e la sua fotocopia, la gente sceglie l’originale. Il fatto è che il centrosinistra è ancora prigioniero del “lodo Minniti”, inteso per Marco Minniti, ministro dell’Interno (Pd) che al massimo del suo fulgore politico-mediatico se ne uscì fuori con l’affermazione “sicurezza è una parola di sinistra”. Era il 2017. Non un secolo ma cinque anni fa. Un eccesso di protagonismo? Un’uscita individuale? Macché.
Siamo andati a ricercare articoli e note stampa di accompagno all’esternazione di Minniti. Ne abbiamo scelte due. Di due organi di stampa importanti, autorevoli, di certo non schierati a destra. Il primo virgolettato è una nota redazione che accompagna un video che immortala l’evento. E’ tratto dal sito di Repubblica.
“Le sue parole sono state accolte da una quantità di applausi pari solo a quelli ricevuti da Renzi. E come al segretario Pd, alla fine la platea gli ha tributato una standing ovation. All’assemblea degli amministratori del Pd a Rimini, il ministro degli Interni Marco Minniti ha parlato di sicurezza e immigrazione, delineando il suo piano per i migranti: dai lavori socialmente utili per i richiedenti asilo all’aumento dei rimpatri, dall’allargamento del numero dei comuni che aderiscono al sistema di accoglienza diffusa alla velocizzazione delle pratiche per le richieste di asilo. “Severità e integrazione sono due facce della stessa medaglia. Su questi temi ci giochiamo gli equilibri democratici dell’Italia”, ha detto Minniti tra gli applausi degli amministratori dem.
Il video in questione fa fede. Appalusi, certo. Scroscianti, di più. Nell’estate di quell’anno, il prode Minniti dalla sala di comando del Viminale mosse guerra alle Ong che operavano nel Mediterraneo.
Il secondo scritto è della brava Francesca Schianchi. L’articolo esce su La Stampa del 21 marzo 2017: “«Sicurezza è una parola di sinistra». Ovazione della platea, il ministro dell’interno Marco Minniti si guarda intorno compiaciuto e prosegue: «La sicurezza è un bene comune che coinvolge direttamente la vita della gente: è troppo importante per lasciarla alla destra, che non la sa utilizzare». Due giorni prima, nel discorso di apertura del Lingotto, Matteo Renzi scandiva: «Sicurezza non è un concetto di destra».
Eccola tornare, una parola d’ordine tradizionalmente associata all’altra parte politica, in un’assemblea di centrosinistra. Sicurezza, legalità. Un tema carsico, nel Pd: posto già dieci anni fa dal primo segretario Walter Veltroni («la legalità non è di destra né di sinistra: è un diritto fondamentale dei cittadini»), e poi a tratti e spesso tra le polemiche da amministratori esasperati (dal primo cosiddetto «sindaco-sceriffo» Cofferati alle recenti prese di posizione del milanese Sala). Mai veramente risolto, e negli ultimi anni sempre più intrecciato ai temi dell’immigrazione e dell’accoglienza.
Gli immigrati sono una risorsa, pagano le pensioni, non bisogna avere paura, vanno integrati e non si può aver cuore di rispedirli in campi all’estero di dubbio rispetto dei diritti umani, è andata sabato a dire la leader radicale Emma Bonino. I battimani ci sono stati, ma a giudicare da quelli venuti dopo per chi l’ha garbatamente smentita, si direbbe che fossero più per l’autorevolezza della figura che per i contenuti. Perché ci ha pensato prima il presidente della commissione Difesa Nicola Latorre a ricordare che però «alla paura bisogna dare una risposta», e con più veemenza il governatore campano Vincenzo De Luca: «La gente ha paura, e di fronte a chi non vuole rispettare la legge ci vuole la repressione da parte dello Stato». Ieri, poi, la ex vicesegretaria Pd Debora Serracchiani: «La gente ha paura degli immigrati, non ci possiamo prendere in giro. Quello che ha detto la Bonino è importante, ma noi non possiamo trascurare la paura della gente».
«La sicurezza non è ordine pubblico, come vuole la destra, ma è una cosa più impegnativa, e per farla la sinistra ha più frecce al suo arco», predica Minniti in un discorso punteggiato da applausi calorosi. Alla Camera, questa settimana va in votazione il suo decreto sulla sicurezza urbana per dare più poteri ai sindaci e Daspo per i violenti. Al Senato, si lavora invece al decreto immigrazione che riordina i Cie sulla base del principio che «l’accoglienza ha un limite in sé nella capacità di integrare» e l’integrazione è riservata solo «a chi è dentro la legge e rispetta la legge».
«Altro che tema di destra: la sicurezza è stato un asse centrale del governo Renzi e poi di quello Gentiloni», garantisce il responsabile di questi temi nella segreteria Pd appena scaduta, Emanuele Fiano . Tra le leggi in lavorazione in Parlamento, l’aumento delle pene per rapine e furti in appartamento e l’inasprimento del trattamento per chi compie truffe ai danni degli anziani. Giace anche una proposta del Pd per regolare in modo più certo la legittima difesa.
«Dobbiamo far sì che i cittadini vivano tranquilli», commenta il responsabile giustizia David Ermini. Sicurezza e legalità. Tanto che, proclama Renzi, «non possiamo fare alleanze con chi non accetta il principio di legalità». Senza aver paura di passare per uomini di destra”.
Un resoconto accurato. Dal quale emerge che il “lodo Minniti” era condiviso da tutto lo stato maggiore Dem, a cominciare dall’allora onnipotente segretario, Matteo Renzi.
E poi ci si chiede perché la destra vince.