Il Papa e la guerra: il valore della complessità per imparare dalla storia
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Il Papa e la guerra: il valore della complessità per imparare dalla storia

La complessità è ricchezza culturale. E di questa idea alta e nobile della complessità Papa Francesco è un portabandiera. 

Il Papa e la guerra: il valore della complessità per imparare dalla storia
Papa Francesco
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

14 Giugno 2022 - 18.40


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Agli ultras che vedono tutto in bianco e in nero. Ai direttori di giornali in mimetica. A quelli che stilano le liste dei “putiniani” da mettere alla gogna, mediatica e non, quel signore che ricorda che in una guerra non ci sono buoni e cattivi. Perché le cose sono molto più complesse.

Il valore della complessità

Complessità vo cercando. Complessità che non significa parlare di altro, svicolare, Complessità non è cerchiobottismo. Non vuol dire rifiutare di prendere posizione. E’ l’esatto contrario. E’ porsi le domande giuste e imparare dalla storia. La complessità è ricchezza culturale. E di questa idea alta e nobile della complessità Papa Francesco è un portabandiera. 

Lo scorso 19 maggio il Papa ha incontrato i direttori delle riviste culturali europee della Compagnia di Gesù raccolti in udienza presso la Biblioteca privata del Palazzo apostolico. Erano dieci i direttori: padre Stefan Kiechle di “Stimmen der Zeit” (Germania), Lucienne Bittar di “Choisir” (Svizzera), padre Ulf Jonsson di “Signum” (Svezia), padre Jaime Tatay di “Razón y fe” (Spagna), padre José Frazão Correia di “Brotéria” (Portogallo), padre Pawel Kosinski di “Deon” (Polonia), padre Arpad Hovarth di “A Szív” (Ungheria), Robert Mesaros di “Viera a život” (Slovacchia), Frances Murphy di “Thinking Faith” (Regno Unito) e padre Antonio Spadaro de “La Civiltà Cattolica”. Tre direttori erano laici, di cui due donne (per la rivista svizzera e quella inglese). Gli altri erano gesuiti.

Avvenire ha pubblicato  un ampio estratto del dialogo tra il Papa e i direttori delle riviste culturali europee dei gesuiti. L’udienza, tenutasi il 19 maggio scorso, si è svolta secondo lo schema delle domande e delle risposte. Il testo integrale viene pubblicato sul quaderno numero 4128 de “La Civiltà cattolica”. 

Quella che Globalist riporta è la risposta, molto articolata e ricchissima di spunti analitici, del Papa alla domanda su come comunicare le notizie relative alla guerra e contribuire a un futuro di pace. 

Dice Bergoglio: “Per rispondere a questa domanda dobbiamo allontanarci dal normale schema di «Cappuccetto rosso»: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: «Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro». Ha concluso: «La situazione potrebbe portare alla guerra». 

Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo. Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari. Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco. Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli. È pure vero che i russi pensavano che tutto sarebbe finito in una settimana. Ma hanno sbagliato i calcoli. Hanno trovato un popolo coraggioso, un popolo che sta lottando per sopravvivere e che ha una storia di lotta. 

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Devo pure aggiungere che quello che sta succedendo ora in Ucraina noi lo vediamo così perché è più vicino a noi e tocca di più la nostra sensibilità. Ma ci sono altri Paesi lontani – pensiamo ad alcune zone dell’Africa, al nord della Nigeria, al nord del Congo – dove la guerra è ancora in corso e nessuno se ne cura. Pensate al Ruanda di 25 anni fa. Pensiamo al Myanmar e ai Rohingya. Il mondo è in guerra. Qualche anno fa mi è venuto in mente di dire che stiamo vivendo la terza guerra mondiale a pezzi e a bocconi. Ecco, per me oggi la terza guerra mondiale è stata dichiarata (…). Torniamo all’Ucraina. Tutti aprono il loro cuore ai rifugiati, agli esuli ucraini, che di solito sono donne e bambini. Gli uomini sono rimasti a combattere. All’udienza della scorsa settimana, due mogli di soldati ucraini che si trovavano nell’acciaieria Azovstal sono venute a chiedermi di intercedere perché fossero salvati. Noi tutti siamo davvero sensibili a queste situazioni drammatiche. Sono donne con bambini, i cui mariti stanno combattendo laggiù. Donne giovani. Ma io mi chiedo: cosa accadrà quando l’entusiasmo di aiutare passerà? Perché le cose si stanno raffreddando, chi si prenderà cura di queste donne? Dobbiamo guardare oltre l’azione concreta del momento, e vedere come le sosterremo affinché non cadano nella tratta, non vengano usate, perché gli avvoltoi stanno già girando. L’Ucraina è esperta nel subire schiavitù e guerre. 

È un Paese ricco, che è sempre stato tagliato, fatto a pezzi dalla volontà di chi ha voluto impossessarsene per sfruttarlo. È come se la storia avesse predisposto l’Ucraina a essere un Paese eroico. Vedere questo eroismo ci tocca il cuore. Un eroismo che si sposa con la tenerezza! Infatti, quando arrivarono i primi giovani soldati russi – poi inviarono dei mercenari -, mandati a fare un’’operazione militare’, come dicevano, senza sapere che sarebbero andati in guerra, furono le stesse donne ucraine a prendersi cura di loro quando si arresero. Grande umanità, grande tenerezza. Donne coraggiose. Persone coraggiose. Un popolo che non ha paura di combattere. 

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Un popolo laborioso e allo stesso tempo orgoglioso della propria terra. Teniamo presente l’identità ucraina in questo momento. È questo che ci commuove: vedere un tale eroismo. Vorrei davvero sottolineare questo punto: l’eroismo del popolo ucraino. Quella che è sotto i nostri occhi è una situazione di guerra mondiale, di interessi globali, di vendita di armi e di appropriazione geopolitica, che sta martirizzando un popolo eroico. Vorrei aggiungere un altro elemento. Ho avuto una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill. Nella prima parte mi ha letto una dichiarazione in cui dava i motivi per giustificare la guerra. Quando ha finito, sono intervenuto e gli ho detto: ‘Fratello, noi non siamo chierici di Stato, siamo pastori del popolo’. Avrei dovuto incontrarlo il 14 giugno a Gerusalemme, per parlare delle nostre cose. Ma con la guerra, di comune accordo, abbiamo deciso di rimandare l’incontro a una data successiva, in modo che il nostro dialogo non venisse frainteso. Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakhstan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore…”.

Un discorso “complesso”. E per questo forte, coraggioso, politico, nel suo senso più alto e nobile.

Due passi indietro nel tempo. 

24 marzo 2022. “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!». Cosi Bergoglio durante l’udienza al Centro Femminile Italiano. «La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari – ha affermato il Pontefice -, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali».

«La buona politica non può venire dalla sopraffazione»

Annota Carlo Marroni su Il Sole24Ore: “Da giorni il Papa è tornato con maggiore decisione sul tema della spesa per armamenti, e il suo intervento arriva nelle stesse ore del vertice Nato di Bruxelles, dove il tema dell’incremento dei budget per la difesa è uno di quelli sul tavolo. Tra l’altro nei giorni scorsi la Germania ha annunciato proprio il target del 2%, e anche l’Italia – come confermato da Mario Draghi – si pone su questa prospettiva. «E’ ormai evidente che la buona politica non può venire dalla cultura del potere inteso come dominio e sopraffazione, no, ma solo da una cultura della cura, cura della persona e della sua dignità e cura della nostra casa comune», ha detto papa Bergoglio ricevendo in Udienza le partecipanti all’Incontro promosso dal Centro Femminile Italiano.

La risposta non sono neppure «altre sanzioni»

«Lo prova, purtroppo negativamente, è la guerra vergognosa a cui stiamo assistendo. Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica». «La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra – ha osservato Francesco -: guerre regionali non sono mai mancate, per questo io ho detto che eravamo nella ’terza guerra mondiale a pezzetti’, un po’ dappertutto, fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero».

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La denuncia del «potere economico-tecnocratico-militare»

“Per Francesco il problema di base è lo stesso – ha sottolineato -: «Si continua a governare il mondo come uno ’scacchiere’, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri”. «La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni», ha indicato, aggiungendo ’a braccio’, «io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2% del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!», e ancora “altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare».

Ancora indietro nel tempo.

 “Diamo un’occhiata al mondo così com’è. Guerre ovunque. Stiamo vivendo la terza Guerra Mondiale a pezzi”. Così Papa Francesco in un video messaggio in spagnolo inviato ai partecipanti alla 23esima Giornata della Pastorale Sociale, che si celebra oggi in Argentina sul tema ‘Verso una cultura dell’incontro, un paese per tutti – Fraternità e amicizia sociale’. E’ il 4 dicembre 2020.  Il Pontefice sottolinea che “il tema dell’amicizia sociale” lo preoccupa perché “per il peccato, per le tendenze, andiamo sempre all’inimicizia, alle guerre. E dimentichiamo che la nostra vocazione è l’armonia, la fratellanza, è l’essere fratelli”.

“Bambini senza scuola, persone affamate, persone che non hanno assistenza sanitaria, il vasto numero di persone che non ha acqua corrente, che non ha accesso al minimo per vivere con dignità”. “Diamo un’occhiata a certe periferie”, esorta Bergoglio.

“Ci farà bene interrogarci su ciò che ci circonda, nei luoghi vicini dove viviamo, dove lavoriamo. C’è amicizia sociale? Se ci fosse amicizia sociale non ci dovrebbero essere né guerre né bisogni di ogni tipo o istruzione che non funziona bene”.

“Non ci può essere amicizia sociale senza ascoltare, ascoltare l’altro. E per ascoltare l’altro occorre avere nel mio cuore la presunzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dirmi”, ha aggiunto il Pontefice. In molti Paesi, afferma , non si sa dialogare, “si grida. Prima che l’altra persona finisca di dire il suo pensiero, già contestiamo senza aver ascoltato”. E questa non è amicizia sociale, ribadisce Francesco.

Agli estensori delle liste di proscrizione: c’è materia per voi. Ma quel signore vestito di bianco è un osso duro. Molto duro. Per tutti.

Non è mica il professor Orsini. 

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